Awake, la recensione

Questa volta la razza umana rischia l'estinzione per mancanza di sonno, ma Awake fa di tutto per essere solo azione e niente testa

Critico e giornalista cinematografico


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Awake, la recensione

C’è tutto un background clamorosamente non sfruttato in Awake, un elefante nella stanza attorno al quale il film gira intorno perdendo un’occasione.

È la storia di un’apocalisse (UN’ALTRA) in cui le persone di colpo non riescono più a dormire. Come il manuale delle buone sceneggiature impone però una minuscola percentuale ci riesce, e il resto della razza umana comincia a sragionare in quella che diventa in un attimo una terra senza legge. Al centro di tutto c’è una donna, una ex militare che capiamo essere uscita non bene dal servizio in Afghanistan dove ha avuto esperienza di tortura dei prigionieri per l’estrazione di informazioni. Anche per questo lei conosce molto bene cosa succede alle persone in assenza prolungata di sonno.

Questo è l’elefante, il fatto che Awake è (nella sua sinossi) la potenziale storia dell’America che fa i conti con i propri peccati in una sorta di contrappasso dantesco. Il paese che ha chiuso gli occhi davanti alle torture perpetrate ora è torturato dal pianeta che, non si sa perché, gli impedisce di dormire. Invece non è questa l’intenzione del film, tutto il mondo è interessato dal mutamento che non è chiaro perché o come sia arrivato e il passato della protagonista è utile solo al suo rapporto con i cattivoni.

Il modello palese è I figli degli uomini, Awake ha la stessa tendenza di quel film a mettere sullo sfondo delle camminate dei personaggi in città i saccheggi e il degrado, un piano sequenza simile in auto (ma di certo non a quei livelli di follia) e la sensazione di stupore di molti di fronte alla bambina che dorme. Sono però velleità, di un film che a differenza di quello ci mostra l’arrivo dell’apocalisse e non ha nessun interesse a dargli una ragione o a sfruttarne (come faceva Cuaron) il valore metaforico. Il senso di essere giunti al termine e la grandezza delle sue conseguenze sono assenti qui. Anche lo spunto interessante di un’apocalisse che si svolge in 4-5 giorni è buttato via a favore di una concentrazione sulla storia familiare. Addirittura Awake tira in ballo un’improvvisa e immotivata scomparsa dell’energia elettrica nel pianeta (anche questa senza nessuna spiegazione) solo per i suoi comodi.

Svicolata ogni implicazione davvero interessante, Mark Raso si limita a cercare di mandare in porto quello che è diventato un film d’azione con un ex militare che protegge i figli dagli altri (solo che stavolta l’ex militare è donna, Gina Rodriguez, non imparentata con Michelle nonostante il film cerchi di suggerirlo). Sa gestire abbastanza bene le parti d’azione ma malissimo quelle emotive, lavorando solo di grana grossa. Come del resto è anche molto poco curata e frettolosa tutta la logistica (com’è che tutti impazziscono in fretta per la mancanza di sonno e invece le persone importanti per il film rimangono lucide molto più a lungo?).
Tutto ciò che presenta una difficoltà il film lo salta a piedi pari, non lo spiega, non lo usa per suggerire altro, non lo dosa e alla fine proprio non lo considera. Anche uomini e donne al quarto giorno senza sonno diventano la cosa più banale che possono diventare: zombie. Entità con cui non si può dialogare, ovviamente violente, dominate da istinti, che si muovono in branchi. Peccato perché invece il finale (che sembra uscito da un altro film di Cuaron, Gravity) sarebbe pure buono...

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