Avengers: Senza ritorno 1, la recensione
Il primo numero di Senza ritorno è uno splendido omaggio alle classiche storie degli Avengers
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Arriva in Italia Avengers: Senza ritorno, miniserie Marvel sceneggiata da Al Ewing (Immortal Hulk), Mark Waid (Daredevil) e Jim Zub (Champions) per i disegni di Paco Medina (Legendary Star-Lord), con un primo numero indubbiamente convincente, in grado di catturare l’attenzione del lettore e di invogliarlo a proseguire la lettura.
Rispetto alla precedente miniserie, Senza tregua, in queste pagine troviamo una squadra più snella, cosa che porta a un miglior approfondimento psicologico dei suoi componenti e alla valorizzazione delle interazioni, tra siparietti comici (Ercole e Rocket Raccoon) e momenti di riflessione (Occhio di Falco e Scarlet). Gli elementi che creano più curiosità sono però il rapporto tra Clint Barton e Hulk (considerando che in Civil War II il primo ha ucciso il secondo) e il rientro in scena di Voyager.
"Un crescendo di emozioni che raggiunge il suo apice nel terrificante finale"Il giudizio in merito a questo primo capitolo non può che essere positivo, data la cura con cui il terzetto di scrittori ha mescolato sapientemente tutti gli elementi che hanno reso immortali le storie dei Vendicatori: un gruppo di donne e uomini costretti a fare squadra per respingere una minaccia fuori dalla loro portata. Tra loro ci sono antipatie, rivalità e vecchie ruggini, e proprio per questo risulta stimolante tentare di immaginare in che modo si possa creare un equilibrio, per poi mantenerlo.
Il sense of wonder, l'epicità e i dialoghi brillanti che scaturiscono dalla sceneggiatura sono supportati da un Medina in perfetta forma che firma una prova superlativa. Lo stile dell'artista messicano ben si sposa con questo genere di storia, e qui vediamo la sua linea sicura e precisa omaggiare la grande tradizione degli Avengers con tavole ricche di dettagli, esplosive e cariche di drammaticità. Grazie alle colorazioni suggestive di Jesus Aburtov, inoltre, la scena si può spostare dall’interno di un pub allo spazio siderale mantenendo inalterato il fascino del racconto.
Pochi esordi legati a grandi saghe che coinvolgono molteplici eroi riescono a essere così convincenti, senza ricorrere a espedienti sensazionalistici. Le aspettative per il prosieguo di Senza ritorno non possono dunque che essere decisamente alte.
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