Avengers: Infinity War, la recensione del film

Avengers: Infinity War, diretto dai fratelli Russo, dà il via alla cavalcata finale della fase tre dell'MCU

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Da quel lontano 2012, in cui ci è stato mostrato per la prima volta in una rapida scena post-credit, abbiamo aspettato Thanos. Era il nemico della promessa, l'avversario definitivo, la minaccia universale e sconosciuta che gli Avengers, appena nati e già messi a confronto con i pericoli del cosmo, avrebbero un giorno dovuto affrontare. Quel giorno è arrivato assieme ad Infinity War, e noi siamo qui con gli occhi colmi di questo film enorme, gigantesco. Questo è decisamente il primo aggettivo che vogliamo spendere, per definire il lungometraggio senza dubbio più atteso del 2018. Il secondo aggettivo è "bello", per sgombrare subito il campo da fraintendimenti e far contenti i nostri lettori in cerca di giudizi.

Enorme è l'investimento emotivo che la Marvel è stata capace di provocare nel pubblico, costruendo passo passo il suo Universo Cinematografico e popolandolo di figure che sono entrate potentemente, più di quanto avessero fatto in passato, nell'immaginario collettivo planetario. Ora, vederle quasi tutte assieme fa un certo effetto. Gli eroi dei Marvel Studios sono palesemente i personaggi più amati dell'ultimo decennio, in gara per popolarità solo con quelli di Star Wars. Le emozioni, in questo film, sono fuori scala già nelle premesse e dobbiamo fare i complimenti ai fratelli Russo, e ai loro sceneggiatori, per aver confezionato due ore e ventinove minuti di storia in grado di incanalarle ed accompagnarle.

Enorme è la prospettiva spaziale di questa storia. Dalla Terra alla luna di Saturno (anche se Titano, la patria di Thanos, non è quella che staziona nel nostro sistema solare). Questa volta gli Avengers abbracciano davvero l'immensità del cosmo, fuori dal loro elemento, a confronto con una realtà a cui non erano preparati e a cui, senza saperlo, si stavano preparando da sempre. Lo schermo fatica davvero a contenere la grandezza degli oggetti, delle battaglie, a star dietro all'immensità del potere di Thanos, che giunge a portare una forza, a scagliare addosso agli eroi una minaccia inaudita come se ne sono viste poche al cinema, per ambizione di sceneggiatura e per potenza della messinscena.

Non stupitevi se ci vedrete nominare di continuo l'antagonista di questo film. Thanos è il vero fulcro Avengers: Infinity Wars. I suoi avversari, i buoni, sono i veri satelliti che gli ruotano attorno, nella speranza di entrare in fruttuosa rotta di collisione con lui. Sono stati intelligenti, i Russo. Come rendere davvero credibile l'avversario di personaggi così amati, così carismatici? Come fare per non lasciare sullo sfondo, per dare vera tridimensionalità al cattivo di turno, se deve vedersela con Chris Evans, Benedict Cumberbatch, Scarlett Johansson, Robert Downey Jr., Zoe Saldana e compagnia, soprattutto se si tratta di un gigante in CGI dalla pelle viola e che rischia di risultare inespressivo? Bisogna evitare di fargli fare la fine che un personaggio potenzialmente tragico e potente come Ultron ha fatto nelle mani di Joss Whedon. Renderlo il vero protagonista è la soluzione di Infinity War.

E funziona alla grande. Da un lato perché il lavoro fatto su Josh Brolin è eccellente e il tirannico gigante viola a caccia delle Gemme dell'Infinito non è solo credibile, ma è vivo, espressivo e protagonista di alcuni dei momenti emotivamente più forti in assoluto; dall'altro perché, con Thanos come indiscusso centro di gravità, tutti gli eroi hanno modo di brillare di luce riflessa, di trovare lo spazio necessario, nei magniloquenti 149 minuti di pellicola, per dare il loro contributo alla storia. Non temete: questa è a tutti gli effetti una storia, che ai lettori di comics, agli appassionati di quelli Marvel, farà tanto piacere per un sacco di motivi, il primo dei quali è che si respira proprio il passo epico di un evento da Fumetto di super eroi. C'è un po' di Jonathan Hickman, c'è un po' di Mark Millar, c'è un po' di Jim Starlin dentro Infinity War. C'è, soprattutto, quel gusto di far incontrare mondi, di far collidere personaggi grandiosi per dare vita a qualcosa di memorabile. C'è da scommettere che non ci dimenticheremo in fretta nulla di ciò che abbiamo visto.

Oltre che riuscire nel mezzo miracolo di dare spazio a tutti, i Russo e i Marvel Studios hanno anche il merito di aver rispettato le chiavi stilistiche, riconoscibilissime, dei singoli franchise che collaborano a questo film. Là dove debuttano i Guardiani della Galassia pare di essere di fronte a uno dei loro film. Lo stesso vale per le prime battute di Thor e per l'esordio di Doctor Strange. Il tutto, senza l'effetto-collage, ma con grande sinergia. Attori ingombrantissimi si trovano a dover condividere il palco, a mettere in scena una vicenda che viaggia costantemente sull'orlo dell'eccesso di carisma. Lasciando che i personaggi siano quel che sono, senza bisogno di presentazione alcuna e facendosi guidare dalle loro personalità per narrare gli eventi, i Russo riescono a fare di Infinity War un film con capo e coda, a non cadere nella trappola dell'accozzaglia di scene. Non era facile.

Il risultato è Avengers: Infinity War. In pratica, un film Marvel elevato a potenza. Gli ingredienti ci sono tutti. Nella sala del Teatro Principe di Milano, unica pecca organizzativa di un memorabile pomeriggio di anteprima, si è riso parecchio, ci si è entusiasmati per le scene d'azione che non tradiscono la promessa di epica e spettacolo visivo, si è balzati sulla sedia per un paio di apparizioni a sorpresa di cui, ovviamente, non vi diciamo nulla, ma che danno l'idea di quanto affetto sia stato speso per confezionare questo film, prima parte di un'ideale chiosa degli sforzi iniziati con Iron Man. Lo stesso affetto che il pubblico prova per i personaggi e per cui la Casa delle idee, pur con tutti i suoi difetti, dimostra grande rispetto facendoci felici.

Un compito non semplice. C'era da gestire un'attesa fuori scala, da tenere in equilibrio un'architettura di trame intrecciate durante le fasi due e tre, bisognava dare il giusto spazio a una quantità senza precedenti di stelle del cinema e di eroi ingombranti. Ci sono riusciti grazie alla forza di gravità sprigionata da Thanos. Alla faccia di tutti i tradizionali cattivi incolori e poco interessanti della tradizione Marvel. Applausi.

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