Avatar - La recensione

2154, pianeta Pandora. Jake Sully, ex marine disabile, partecipa al programma Avatar, ma quando viene a contatto con i nativi le sue certezze svaniscono. Immagini straordinarie, ma personaggi non all'altezza...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloAvatarRegiaJames CameronCast
Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Michelle Rodriguez, Giovanni RibisiUscita15 gennaio 2010La scheda del film

Come replicare un fenomeno come Titanic dopo ben 12 anni di distanza? Se siete James Cameron, la risposta è 'semplicissima': basta prendere una storia ancora più ambiziosa, costosa e ricca di effetti speciali, con l'ambizione evidente (senza assolutamente esagerare) di cambiare la storia del cinema. Il tentativo è riuscito? Sì. E no. Vediamo perché.

Cosa si può dire di questo 3-D che non sfoci nella banalità e nel già sentito? Beh, l'unico vero 'difetto' che gli si può trovare è che, dopo di esso, sarà durissima ritornare a tanti film banalotti, che lo utilizzano soltanto come banale espediente per suscitare qualche stupido effetto ottico. Il 3-D di Avatar (almeno, visto come ha fatto il sottoscritto grazie al sistema Real 3-D, non molto diffuso in Italia) è talmente impressionante da arrivare al miglior risultato possibile, ossia il fatto che, a un certo punto, non ci pensi più e te lo godi come se stessi vedendo veramente delle persone (o degli esseri) in carne e ossa.

Che siamo arrivati a una maturità senza pari è indubbio, tanto che anche qualche piccola concessione allo spettacolo più facile (penso alle 'derapate' iniziali del protagonista) non dà troppo fastidio. Semplicemente, il 3-D è in questo caso un mezzo espressivo vero e proprio, in grado di suscitare emozioni ed esprimere concetti narrativi. Molti, in questo senso, i momenti memorabili, dalle diverse evoluzioni con le creature volanti, ai momenti di preghiera e riflessione del popolo Na'Vi, il tutto con un ottimo senso di equilibrio nel lavoro svolto.

Ma sarebbe semplice considerare tutto merito di chi lavora nel campo degli effetti visivi, insomma una questione tecnica e poco più. In realtà, vedendo lo straordinario lavoro sulle piante, le meduse che fluttuano nell'aria, l'albero sacro del popolo Na'Vi o anche una cosa apparentemente semplice (ma bellissima) come le amache, è evidente che dietro tutto questo c'è un lavoro preparatorio di una complessità incredibile, che ha portato a delle scenografie da Oscar (ma verranno prese in considerazione? Speriamo) firmate da Rick Carter e Robert Stromberg.

Altri punti di forza del film? Un protagonista decisamente azzeccato come Sam Worthington, bravo e credibile nell'evoluzione del suo personaggio. E anche nell'ormai celebrata battaglia finale, che temevo potesse essere una serie infinita di sequenze d'azione eccessive, Cameron crea uno spettacolo notevole senza annoiare.

E veniamo all'unico punto che ha provocato qualche critica, ossia la sceneggiatura. In generale, credo che Cameron abbia l'intelligenza di non scegliere storie troppo complesse per i suoi film, in modo da suscitare sentimenti forti e semplici. Prendiamo proprio il caso di Titanic e confrontiamolo (come era stato fatto da molti all'epoca) con la storia d'amore di Pearl Harbor. Perché la prima ha funzionato così bene e la seconda invece non ha convinto? Semplice. Nel film di Cameron c'era una coppia nata per stare insieme e un antagonista spregevole, in grado di suscitare il tifo contrario del pubblico. Molto più complessa la scelta di Michael Bay (sì, lo so, sembra una presa in giro Michael Bay che fa qualcosa di 'complesso'), che invece vedeva i due protagonisti maschili del triangolo amoroso come delle ottime persone. Per chi tifare e per cosa? Non semplice.

Ecco perché le critiche di storia non all'altezza non mi sconvolgevano troppo, considerando che forse una trama non troppo complessa forse sarebbe stata un pregio in questa occasione. In effetti, la vicenda, nella sua semplicità, funziona benino, tra echi di Balla coi lupi e in generale di cinema western in cui il protagonista si mette dalla parte dei 'nativi'. Anche i riferimenti alla guerra in Iraq, seppur troppo evidenti in alcune frasi, non stonano affatto e anzi è interessante vedere come un film per il grande pubblico prenda una posizione così contraria al conflitto.

Quello che però non va sono soprattutto i protagonisti. A parte il già citato Worthington, nessun attore si è ritrovato con un ruolo che andasse al di là della monodimensionalità, nonostante le due ore e quaranta di pellicola. In particolare, penso al capo dei militari (ricalcato chiaramente sul Robert Duvall di Apocalypse Now, ma con un livello di carisma assolutamente inferiore) e alla dottoressa incarnata da Sigourney Weaver (ruolo francamente quasi inutile). E Neytiri (Zoe Saldana) viene approfondita talmente poco, che la storia d'amore interraziale non decolla praticamente mai.

Ma le occasioni sprecate sono diverse. Perché non approfondire meglio le tradizioni di questo popolo, che quando vengono mostrate non smettono di affascinare? Non si poteva sviluppare meglio un possibile triangolo amoroso (qui appena accennato) che avrebbe reso i rapporti ancora più intensi? E il problema dell'identità (umana o Na'Vi) di Jack non andava affrontato con minore rapidità? In altri casi, è difficile capire il senso delle scelte dei personaggi, in particolare quando i 'cattivi umani' optano per iniziare l'attacco o invece non fanno fuori il protagonista collegato con il suo avatar.

Certo, mi rendo conto che, in un periodo storico in cui le major producono 'filmoni' come GI Joe e La mummia 3, la sceneggiatura di Avatar sembri degna del Padrino o di Chinatown. E comunque, per quanto mi riguarda l'elemento peggiore del film sono senza dubbio le musiche di James Horner, al meglio anonime, al peggio (soprattutto nel finale) assolutamente stucchevoli.

Ovvio che, alla fine, tutte queste sono considerazioni poco importanti, perché un film come Avatar, pur con i suoi non piccoli difetti, è assolutamente imperdibile per gli appassionati. Speriamo solo che al prossimo episodio Cameron sia più coraggioso anche nello scrivere la sceneggiatura. E magari che non ci faccia aspettare fino al 2021 prima di poter vedere il suo nuovo film...

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