Avatar: Frontiers of Pandora, la recensione

Avatar: Frontiers of Pandora è un'opera dal sapore cinematografiche che ci permette di vivere un'epica avventura nei panni di un Na'vi

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Che piaccia o meno, Avatar è senza dubbio uno dei blockbuster più importanti della storia del cinema. E non stiamo parlando solamente di incassi, dove il film di James Cameron svetta ancora in cima alle classifiche con i suoi quasi tre miliardi di dollari. Stiamo parlando di un’opera con una chiara visione, che dimostra la capacità del regista canadese di dare vita a universi fantastici che stupiscano il pubblico. Universi fantastici che spingano le persone a sognare di esplorarli, un po’ come accade nei videogiochi.

È un dato di fatto che i blockbuster degli ultimi quindici anni si siano adagiati sugli allori. Prendere come riferimento fumetti, romanzi, vecchi franchise e i succitati videogiochi, infatti, ha appiattito l’offerta, dando vita a remake, sequel, prequel e trasposizioni piuttosto che produzioni originali. Avatar, invece, se ne frega di tutto e di tutti, approdando al cinema con un world building tutto suo. Un world building così definito che, immediatamente, ha spinto autori provenienti da diversi media a voler lasciare una propria impronta in un piccolo angolo di quella Pandora visitata da Jake Sully. Ed ecco che, a distanza di anni, l’universo creato da James Cameron continua a espandersi. A partire dal 7 dicembre, infatti, è disponibile su PC, PlayStation 5 e Xbox Series X|S Avatar: Frontiers of Pandora.

Abbiamo passato le ultime settimane sul pianeta dei Na’vi, imparando la loro cultura, assaporando le loro piante e cercando di non venire divorati dalle numerose creature che popolano la frontiera occidentale. Un viaggio emozionante, che siamo finalmente pronti per raccontarvi. Se anche voi siete curiosi di sapere se il costo della recente fatica di Massive Entertainment vale il prezzo di un biglietto di sola andata per Pandora, allora siete nel posto giusto.

LA FORZA DEL WORLD BUILDING

Avatar: Frontiers of Pandora è ambientato inizialmente nel 2146, otto anni prima dell’arrivo di Jake Sully sul pianeta dei Na’vi. In un periodo nel quale l’RDA sta ancora tentando di comunicare con i nativi di Pandora viene lanciato il programma TAP (The Ambassador Program), mirato a insegnare la cultura degli esseri umani a un ristretto numero di bambini Na’vi. Il protagonista fa parte di questo gruppo, che però si accorgerà troppo presto della malvagità dell’uomo. È solo grazie all’aiuto della dottoressa Alma Cortez, infatti, che il ragazzo riesce a rimanere in vita, nascondendosi all’interno di una cella criogenica. Al suo risveglio si rende subito conto che le cose sono cambiate. Jake Sully è riuscito a cacciare gli umani, ma questi ultimi sono tornati e sono pronti a tentare di colonizzare nuovamente il pianeta. Toccherà a noi, quindi far capire loro che Pandora appartiene ai Na’vi e che nessuna tribù è disposta ad arrendersi all’arroganza e alla sete di conquista dell’uomo.

La trama di Frontiers of Pandora, nonostante le premesse interessanti, non è certo l’elemento di punta della produzione. O meglio: la sceneggiatura vera e propria non è l’elemento di punta. Se la storia, infatti, si dipana in maniera abbastanza classica, presentando personaggi interessanti, ma senza mai far gridare al miracolo, lo stesso non si può dire del contesto nel quale è ambientata. A lasciare a bocca aperta, infatti, è ancora una volta il world building, che mai prima d’ora era stato approfondito con così tanta cura.

Scoprire Pandora nei panni del nostro protagonista è stato semplicemente meraviglioso e siamo rimasti estasiati dalla miriade di descrizioni di piante, animali e abitudini che abbiamo raccolto nel corso della nostra avventura. Un’avventura dalla durata di circa trenta ore, che risultano così abbastanza per poter assaporare la frontiera occidentale, ma non troppe da annoiare. Una longevità perfetta, capace di lasciarci persino con quel desiderio di tornare saltuariamente sul pianeta dei Na’vi. Un viaggio che intraprenderemo di sicuro nel 2024, in concomitanza con l’arrivo dei due DLC già annunciati.

ESPLORARE UN PIANETA MERAVIGLIOSO

Avatar: Frontiers of Pandora è un titolo che, ludicamente, alterna sezioni d’esplorazione con combattimenti in prima persona. Questi ultimi ci hanno ricordato inevitabilmente i vari Far Cry, pescando da quelli più recenti per le bocche da fuoco e da Primal per l’utilizzo dell’arco e delle armi più primitive. Non che questo sia un problema, anzi. Sparare e affrontare i vari avversari è spesso divertente, merito soprattutto dell’ottima mobilità del nostro alter ego digitale. Schivare di lato, saltare e arrampicarsi per sfruttare l’ambiente circostante risulta quindi fondamentale per avere la meglio sui potenti mezzi corazzati degli esseri umani. Il risultato è un ritmo di gioco a tratti nuovo, che parte dal succitato franchise Ubisoft, ma che poi evolve in un modo tutto suo. Immancabili ovviamente i vari potenziamenti realizzabili attraverso il crafting, caratteristica onnipresente nel corso dell’avventura.

Discorso leggermente diverso per la questione “esplorazione”, che abbiamo trovato semplicemente fantastica. Lo abbiamo già affermato, ma preferiamo ribadirlo: Pandora è davvero meravigliosa ed esplorare questo magnifico pianeta è un vero e proprio piacere. Merito anche della possibilità offerta dai dev di rimuovere i classici indicatori, rendendo così l’esperienza più immersiva e appagante. Nel caso siate invece dipendenti da segnalini, punti d’interesse e affini non abbiate paura: Massive Entertainment a pensato anche a voi. In ogni caso, arrampicarsi sugli alberi, sfruttare le liane e correre nella foresta è sempre appagante. Lo stesso si può dire anche delle sezioni di volo a bordo del nostro fidato Ikran, che ci permettono così di ridurre nettamente i tempi di percorrenza tra un luogo e l’altro.

In definitiva, il gameplay di Avatar: Frontiers of Pandora è un mix tra vecchio e nuovo. Un bilanciamento che ci ha convinti e che ci ha tenuto le mani incollate al pad per tutta la durata dell’avventura.

I COLORI DI PANDORA

Le immagini e i video che trovate all’interno di questo articolo parlano da soli: Avatar: Frontiers of Pandora è un vero spettacolo per gli occhi. La prima volta che si raggiunge la foresta della frontiera occidentale si rimane senza fiato di fronte ai colori e alla vegetazione lussureggiante che si para davanti ai nostri occhi. L’intero titolo, inoltre, offre continuamente scorci mozzafiato e giochi di luce incredibili. Per non parlare dei modelli 3D dei Na’vi che incontreremo durante il nostro viaggio. In alcuni momenti ci è parso di avere di fronte a noi un nuovo film di James Cameron, con tanto di attori portati in scena tramite il motion capture. Un lavoro da applausi, che vale anche da solo il prezzo del biglietto. 

Buono, invece, il doppiaggio in inglese, accompagnato fortunatamente dai sottotitoli in italiano. Ubisoft ha deciso ancora una volta di non inserire le voci nella nostra lingua. Una scelta che comprendiamo, ma che avremmo gradito trovare in un prodotto tanto cinematografico. Ottima, infine, la colonna sonora, che valorizza i momenti d’azione e, per il resto, contribuisce a donare la giusta atmosfera mentre si esplora Pandora.

Avatar: Frontiers of Pandora è l’ennesima dimostrazione della bontà dell’universo di James Cameron. Un’opera emozionante, che dà il meglio di sé nella costruzione di un mondo vivo tutto da esplorare. Poco importa se la trama non raggiunge l’eccellenza o se i combattimenti talvolta sembrano un po’ derivativi. Il titolo targato Massive Entertainment è un must have per chiunque abbia amato le due pellicole che fanno da base per questo gioco. A tutti gli altri, invece, consigliamo comunque di dare una possibilità a Frontiers of Pandora. Potreste rimanere sorpresi nel constatare quanto gli sviluppatori si siano impegnati per dare vita a un titolo tanto immersivo e appagante da vivere.

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