Australia

Una ricca aristocratica inglese e un mandriano sono impegnati in un viaggio che cambierà le loro vite. La pellicola di Baz Luhrmann non mantiene le promesse di spettacolo epico ed è decisamente troppo lunga...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloAustraliaRegiaBaz Luhrmann
CastNicole Kidman, Hugh Jackman, David Wenham, Bryan Brown, Bruce Spence, Brandon Walters Uscita16 gennaio 2008La scheda del film

Di fronte a una pellicola come Australia era difficile fare previsioni. Chi scrive, ha molto apprezzato le tre precedenti opere di Baz Luhrmann, ma qui siamo passati dai musical scatenati e concitati di Ballroom, Romeo & Giulietta e Moulin Rouge a una pellicola epica decisamente imponente, da qualsiasi punto di vista (concept, produzione, storia, durata, budget) la si voglia guardare. E poi, con i giudizi contraddittori da parte della stampa internazionale e l'esordio non eccezionale (ma per ora regge discretamente) negli Stati Uniti, il quadro era decisamente confuso. Nulla di meglio, allora, che valutare con i propri occhi.

Purtroppo, a giudicare da Australia, Baz Luhrmann e storie epiche sembrano due concetti poco conciliabili. Il regista compie due grossi errori che minano decisamente il film. Il primo è quello di non decidere che storia fare. Paradossalmente, si tratta di uno di quei film dalla lunghezza infinita, ma che non riescono a sviluppare nessuna delle tante tematiche (storia romantica, seconda guerra mondiale, razzismo, identità personale, famiglie naturali e acquisite, illegalità e potere, ecc.) che ci vengono presentate. A tal punto che, più che di un film, sarebbe quasi corretto parlare di due pellicole (con tre finali) messe insieme. La cosa bizzarra (ma Australia in effetti è un prodotto strano) è che il primo 'episodio' basterebbe tranquillamente per reggere tutto il film, ma è anche quello venuto peggio. Il secondo, senza fare faville, si lascia vedere, ma francamente ogni tanto non sembra ben chiaro dove voglia andare a parare e di certo la pochezza della storia non è degna del coraggio mostrato nel tuffarsi in questa avventura produttiva.

E qui arriviamo al secondo errore, quello veramente imperdonabile. Ora, da una pellicola epica non ci si deve aspettare per forza una sceneggiatura rivoluzionaria e innovativa. L'importante è che il regista sappia bilanciare bene i vari momenti e soprattutto sia in grado di creare delle immagini iconiche che rimarranno nella memoria, anche tra trent'anni. In questi casi, fallire per eccesso è accettabile, perché almeno si è puntato in alto. Invece, difficilmente ci ricorderemo delle immagini di Australia. Sì, d'accordo, i panorami sono meravigliosi, ma se bastasse questo, dovremmo dare l'Oscar ai documentari del National Geographic.

E dire che una delle prime immagini della pellicola, che vedeva un uomo sotto l'acqua, è di una potenza espressiva inaudita. Sembrava il presagio di una grande serie di immagini, ma in realtà di tutto questo vediamo ben poco. Il problema è che Luhrmann sbaglia (soprattutto nella prima parte) alcune cose fondamentali. Una è il montaggio, che nella prima ora è insopportabile, per come è repentino e improvviso. Se in un Moulin Rouge gli stacchi violenti erano perfettamente coerenti con la storia che si voleva raccontare, qui non hanno senso e non funzionano (anche se, giusto per non creare equivoci, non siamo certo di fronte alle inquadrature pressoché subliminali di quel musical), perché in una storia epica bisogna montare meno possibile e senza farsi notare. Purtroppo, qui si eccede anche in dolly (neanche in un film di Tornatore...) e in ralenti, mentre a tratti la fotografia diventa falsissima, come avviene nella scena della mandria in corsa, in cui chiaramente il digitale non è stato gestito bene.

Nella seconda parte, ci sono invece dei momenti più convincenti. Il diluvio e il Mago di Oz sono decisamente tratteggiati bene, così come alcune scene intelligenti (la sequenza al bar verso la fine, in cui si affronta il razzismo stupido). Purtroppo, deludono le sequenze 'intime' tra i due innamorati, che sembrano dimostrarci che Luhrmann è decisamente un regista romantico, ma non sensuale. Vedendo il film, insomma, mi è venuto da pensare a Gangs of New York, una pellicola che chiaramente aveva dentro di sé i semi del capolavoro, ma che nella realizzazione pratica mostrava un regista che aveva perso il controllo del film.

E qui, va detto senza mezzi termini, non c'è neanche un Daniel Day Lewis a reggere tutto. Nicole Kidman è insopportabile nella prima parte, in cui sembra porsi un dilemma morettiano: mi si nota di più se ho la faccia buffa e la camminata rigida o se spalanco gli occhi (stile cura Ludovico di Arancia meccanica)? Probabilmente, è il modo di dirigerla di Luhrmann a creare problemi, visto che nella seconda parte (in cui deve mostrarsi più sicura) si riprende abbastanza. Hugh Jackman francamente ha poche espressioni da offrire alla cinepresa e non riesce a mostrare il carisma che sarebbe necessario per la parte. Chi se la cava bene è invece il ragazzo prodigio, interpretato dall'esordiente Brandon Walters, che riesce a mostrare la magia (è proprio il caso di dirlo) del suo personaggio (anche se avremmo preferito sentire un po' di meno la sua voce off). Sugli altri ruoli, si passa da alcune macchiette (tra cui il villain interpretato da David Wenham, ma anche il contabile ubriacone) a forti stereotipi (lo stregone aborigeno sarà anche un modo di regolare i conti con la Storia, ma francamente lascia perplessi).

Insomma, il film più importante di Luhrmann è anche quello meno affascinante e convincente. Per una pellicola che si chiama Australia e che dovrebbe rappresentare questo continente, la delusione è d'obbligo...

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