Attrazione fatale, la recensione dei primi 3 episodi

Per ora, Attrazione fatale aggiunge poco al thriller di Adrian Lyne, finendo schiacciato dal tedio a dispetto di performance attoriali vivide

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La nostra recensione dei primi tre episodi di Attrazione Fatale, la nuova serie disponibile su Paramount+

Osservando le prime tre puntate di Attrazione fatale, remake in chiave seriale del celeberrimo thriller firmato da Adrian Lyne nel 1987, viene spontaneo chiedersi chi siano i destinatari di un prodotto del genere. A un'occhiata superficiale, certo, questa presunta rilettura del classico porta con sé più di un elemento d'interesse; già i due protagonisti Joshua Jackson e Lizzy Caplan costituiscono, da soli, un'accoppiata abbastanza curiosa e accattivante da attirare l'attenzione.

Se a ciò accostiamo l'intento, sbandierato con un certo pericoloso virtue signaling, di voler raccontare la storia sfruttando la maturata sensibilità sia in materia di salute mentale che di femminismo, dare una chance alla serie di Paramount+ è un gesto naturale e quasi dovuto. Peccato che, alla luce di questi primi tre capitoli, ogni presunta originalità narrativa si pieghi sotto il peso di una diluzione estenuante e fiacca, che poco o niente aggiunge - per adesso - al famoso dramma erotico con Douglas e Close.

Un menù già noto

La storia di Attrazione fatale è nota ai più, e può essere facilmente riassunta in: Dan, avvocato sposato, tradisce la moglie con Alex, collega mentalmente instabile. La relazione, presto troncata dall'uomo, dà il via a un percorso di persecuzione che procede tra stalking e minacce sempre più dirette da parte dell'ex amante. Nel film di Lyne, lo spettatore era guidato lungo la storia dallo sguardo, sempre più terrorizzato, del protagonista maschile, riservando alla figura di Alex il ruolo di villain psicopatica e minaccia all'equilibrio familiare.

La scelta, da parte dei creatori della serie Alexandra Cunningham e Kevin J. Hynes, di offrire al pubblico entrambi i punti di vista sulla vicenda avrebbe potuto essere foriera di novità ben più succose rispetto al modello cinematografico da cui lo show muove i passi; non avrebbe guastato, in considerazione delle intenzioni di attualizzazione manifestate, una punta di coraggio in più nel descrivere la spirale di follia che trasforma Alex in un carnefice. Invece, la sensazione che si ha guardando questi primi episodi è quella di una minestra allungata. A nulla giova questa dilatazione temporale; per adesso, i segmenti riservati alla contemporaneità (la serie inizia quindici anni dopo l'escalation psicotica della relazione tra Dan e Alex) lasciano intravedere un giallo il cui esito difficilmente potrà soddisfare.

Volti nuovi, nuova energia

Malgrado la sceneggiatura non offra, di per sé, margine di innovazione, tanto Jackson quanto Caplan si impegnano al massimo per aggiungere un nuovo sapore a questo stantio piatto riscaldato. È in particolare la vibrante interpretazione di Caplan a colpire, riconfermando (alla luce anche della recente prova in Fleishman a pezzi) la sua versatilità d'attrice e la straordinaria sensibilità nel descrivere la psicosi senza mai sfociare nel macchiettismo. Plauso anche al composto Jackson, inficiato da un look alla Carlo Calenda che ostacola in ogni modo la fascinazione nei confronti del carismatico Dan.

È questa strana coppia a trainare lo stanco carrozzone di una rilettura che, in sostanza, non rilegge nulla. Non occorre tirare fuori il sessismo per decretare la momentanea bocciatura di questo progetto; lungi dai suoi nobili intenti di aggiornamento, Attrazione fatale riduce Alex a un "caso da risolvere", depotenziandone le caratteristiche di villain che l'avevano resa un personaggio memorabile. È presto per gridare alla sconfitta, ma per adesso ci troviamo davanti a un prodotto ibrido, che rischia di scontentare i fan del film di Lyne tanto quanto i potenziali nuovi spettatori, trascinati stancamente lungo il corso di un fiume tanto stagnante da diventare palude.

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