Attraverso i Miei Occhi, la recensione
Puntando tantissimo sulla pena Attraverso I Miei Occhi è molto più kitsch di quanto non riesca ad essere onesto e sentimentale con gusto
ATTRAVERSO I MIEI OCCHI, DI SIMON CURTIS - LA RECENSIONE
Ci sono 2-3 film differenti dentro Attraverso i Miei Occhi. C’è una storia di amore e malattia, nel segno di Colpa delle Stelle; c’è una storia di paternità contesa in cui un padre lotta per avere l’affidamento della figlia come in Black or White; c’è una storia di corse di un pilota che deve vincere a tutti i costi. Un piccolo campionario di cinema di pianti avvolto in una storia di relazione canina che vorrebbe essere Io e Marley ma non è mai Io e Marley o meglio, per essere più precisi è Io e Marley scritto dallo sceneggiatore del remake di Atto di Forza.
Sentire i pensieri del cane, invece di vederlo in azione e derivarli, è proprio quel passo più in là del necessario nel territorio del melodrammatico che crea il kitsch. Da manuale.
Così fin dall’inizio, fin dalla voce del cane, il sentimento prevalente che il film scarica sugli spettatori è la pena. Pena per lui, per i padroni, per le figlie, per le situazioni e per la condizione stessa dell’essere cane (quel che desidera è reincarnarsi in un umano). Gigi Proietti lo doppia in italiano (Kevin Costner in originale) e non fa che enfatizzare questo sentimento di terribile pena con una voce bassa e profonda e toni dolcissimi, da cane anziano quale è quello che racconta.
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