Attacco al potere, la recensione

Un instant-classic hollywoodiano che riprende molto action anni '80 e '90 all'insegna della nemesi statunitense del futuro: la Corea del Nord...

Critico e giornalista cinematografico


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L'America ha un nuovo nemico, non uno adatto ai tempi, diffuso e difficile da identificare come Al Qaeda, ma uno semplice, vecchio stile e chiaramente identificabile in un'unica nazione: la Corea del Nord.

Nonostante già in alcuni film (tipo G.I. Joe - La vendetta) sia cominciato a comparire il dualismo libertà/oppressione, tipico del nazionalismo americano (con la Corea del Nord come oggetto a cui opporsi), è in Attacco al potere che questa diventa ufficialmente la nuova nemesi (filmica) degli Stati Uniti.

Hollywood, è noto, racconta il paese a cui appartiene come un personaggio filmico, dotato di valori incrollabili, frasi ricorrenti e una concreta aderenza ad uno stereotipo ben preciso (uno dei nostri vale mille dei vostri, la libertà, l'ironia e il senso del divertimento ecc. ecc.) e ovviamente con una nemesi, di volta in volta interpretata da una nazione, una cultura o un'entità diversa, che per opposizione ne esalti i valori.
La Corea del Nord sono i nuovi comunisti, interpreti di un conflitto freddo (e non caldo come quello in Vietnam o in Afganistan) e quindi diretti discendenti, anche al cinema, della vecchia e cara Unione Sovietica.

Attacco al potere prende le idee vincenti di Trappola di Cristallo (in un luogo conquistato dai cattivi è presente uno il migliore dei nostri) e le applica al mondo militare con non troppa fantasia e il giusto quoziente (visto il genere) di retorica repubblicana.

Dal cinema anni '80, quello dell'opposizione spietata all'URSS, tornano i nemici senza volto e personalità, la malvagità pura, le visiere nere che impediscono di vedere i volti (mentre di ogni soldato americano sono mostrate le espressioni), da quello anni '90 la figura eroica del Presidente degli Stati Uniti e l'improbabile minaccia hacker (quella in cui la tecnologia non è diversa dalla magia). Attacco al potere è insomma un film fieramente d'altri tempi, catapultato nell'oggi con un po' di manie di grandezza in più, evidenti nell'attacco alla Casa Bianca (bello, in grande stile, potente e adeguato ai tempi).

Il resto è materiale già visto, contiene in sè tutto l'action passato e per questo tantissimo pubblico gliene sarà grato. Vedere Attacco al potere è come vedere un bignami di quello che ci si aspetta da questa tipologia di cinema.

Per questo esistono due modi per sedersi e mettercisi di fronte: il primo è quello che porta ad una delusione, perchè non c'è niente di quello che il cinema d'azione è riuscito a conquistare negli ultimi anni (il movimento, lo stile, la performance concreta del corpo davanti alla macchina da presa), il secondo è quello forse più adeguato che porta ad un divertimento di certo maggiore, perchè Attacco al potere non stupisce ma conferma tutto il confermabile e lo fa, a modo suo, con una certa abilità, la stessa che in questi anni abbiamo sempre riconosciuto ai film (più ambiziosi, seri, complessi e audaci) di Antoine Fuqua.

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