Atlanta 2x10 "FUBU": la recensione
La recensione del decimo episodio stagionale di Atlanta
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Tutto ruota intorno all'acquisto di una maglietta. Il giovane Earn chiede a sua madre di comprargliela, pronto a sfoggiarla con orgoglio a scuola l'indomani. Tutto inizialmente va come previsto, riceve dei complimenti, viene notato, ma gli eventi si capovolgono nel momento in cui Devin, un suo compagno di classe, si presenta con una maglietta quasi identica. Una delle due – quella di Earn – è falsa, e il bambino viene subito bersagliato di insulti da parte dei suoi compagni. Tanto era importante lo status rappresentato da quel capo di vestiario, quanto lo è la vergogna nello scoprire che si tratta di un falso. Anche da giovane, Earn pone come riferimento il cugino Al, a cui chiede una mano. Devin passa per quello che ha la maglietta falsa, e viene bersagliato di insulti. Scopriamo poi che il ragazzino si è suicidato.
Soprattutto, manca da parte di Earn e Al l'aggancio atteso alla notizia. Non c'è elaborazione, né senso di colpa, né ripensamento. Nulla, almeno ai nostri occhi. La vita, e questo vale sia per i ragazzini che per gli adulti di Atlanta, è negazione. Si tratta solo di spingere lo sguardo più in là, di riuscire a sopravvivere un altro giorno, senza caricarsi del peso del mondo. Quindi abbiamo la leggerezza con cui tutto questo contesto è narrato come normale, dovuto, con i suoi gesti di rabbia scomposti, il bullismo non come fenomeno assurdo le cui cause vanno rintracciate chissà dove, ma come norma sociale accettata. La prevaricazione non è quella del forte e stupido contro il semplice diverso, è un sistema al quale chiunque partecipa, e nel quale ognuno è chiamato a schierarsi o dalla parte dell'oppressore o dell'oppresso.
La seconda stagione di Atlanta andrà in onda in Italia dal prossimo 17 maggio.