Atlanta 2x09 "North of the Borden": la recensione

La recensione del nono episodio stagionale di Atlanta

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Spoiler Alert
Tra le caratteristiche salienti di una stagione votata allo sperimentalismo, come questa seconda di Atlanta, c'è anche la capacità di saper ripartire da zero ad ogni puntata. Sì, a livello tematico o narrativo qualcosa rimane delle esperienze precedenti, e abbiamo segnalato il legame tra il Paper Boi di Barbershop e quello di Woods. Eppure, imitando la vita, la scrittura di Atlanta costruisce dei personaggi che non sono mai solo la conseguenza necessaria o lineare o attesa di quel che abbiamo visto nelle puntate precedenti. Possiamo avere brevi riflessi del loro carattere, delle loro debolezze segrete, ma tutto rimane in superficie, non perché la serie non sia in grado di andare più in profondità, ma perché sono le esperienze quotidiane a non essere mai così chiare nell'inquadrare le persone. E nulla è mai dovuto.

Una volta preso per buono questo, ci si può sorprendere ancora e ancora. Si può inquadrare Earn come la persona tutto sommato insoddisfatta, incapace, che una volta che ha raggiunto l'apice non riesce a trarne il meglio. Eppure quella stessa persona ha delle qualità che la rendono la migliore in altri momenti. Oppure Darius, con il quale abbiamo condiviso un'importante momento di tensione in Teddy Perkins, qualcosa che ci ha fatto empatizzare moltissimo con il personaggio, ma che, una volta tolto da quel contesto, ridiventa un personaggio sfuggente e antipatico. Idem per Paper Boi, del quale tanto abbiamo detto nelle scorse settimane.

North of the Border è la storia di Earn, che viene scaricato da Al dopo una serata in cui, almeno a suo giudizio, aveva fatto del suo meglio per proteggere il gruppo. Ora, sullo stile di Atlanta – ormai siamo alla fine della stagione – non c'è più molto da dire. Sulla storia dei suoi protagonisti, potremmo aggiungere che si tratta di persone che hanno raggiunto un certo livello di notorietà, di importanza, insomma uno status che li eleva a prescindere. E che, nel migliore dei mondi possibili, dovrebbe accompagnarsi ad un'adeguata maturità e professionalità. Ma sappiamo bene che questo non è il mondo in cui viviamo. Al si atteggia a persona che non vuole piegarsi alle meccaniche dello show business – e ci crede davvero! – ma questo non basta a renderlo una persona abbastanza lungimirante da impedire ad un idiota come Tracy di fargli da bodyguard.

E lo stesso, purtroppo per lui, capita a Earn. Che potrà avere tutta la buona volontà del mondo, ma in mancanza di capacità, contatti, spina dorsale e credibilità, vale esattamente come chiunque altro, se non meno. E la vita, qui rappresentata da Al, premia i risultati, non la buona volontà (anche su questa ci sarebbe da ridire, dati i moltissimi errori di Earn). La puntata, a prescindere da quel che accade alla festa, in questa lunga notte tragicomica – l'ultima di una serie di notti tragicomiche – riesce a narrarci tutto questo viaggiando tra il dramma umano e le miserie umane di personaggi ridicoli e incapaci. Donald Glover citava scherzosamente tra le ispirazioni i Tiny Toons, ma qui siamo più dalle parti dell'uomo del sottosuolo di Dostoevskij.

La seconda stagione di Atlanta va in onda dallo scorso 1 marzo su FX e prossimamente in Italia in esclusiva su Fox.

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