Atlanta 2x09 "North of the Borden": la recensione
La recensione del nono episodio stagionale di Atlanta
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Una volta preso per buono questo, ci si può sorprendere ancora e ancora. Si può inquadrare Earn come la persona tutto sommato insoddisfatta, incapace, che una volta che ha raggiunto l'apice non riesce a trarne il meglio. Eppure quella stessa persona ha delle qualità che la rendono la migliore in altri momenti. Oppure Darius, con il quale abbiamo condiviso un'importante momento di tensione in Teddy Perkins, qualcosa che ci ha fatto empatizzare moltissimo con il personaggio, ma che, una volta tolto da quel contesto, ridiventa un personaggio sfuggente e antipatico. Idem per Paper Boi, del quale tanto abbiamo detto nelle scorse settimane.
E lo stesso, purtroppo per lui, capita a Earn. Che potrà avere tutta la buona volontà del mondo, ma in mancanza di capacità, contatti, spina dorsale e credibilità, vale esattamente come chiunque altro, se non meno. E la vita, qui rappresentata da Al, premia i risultati, non la buona volontà (anche su questa ci sarebbe da ridire, dati i moltissimi errori di Earn). La puntata, a prescindere da quel che accade alla festa, in questa lunga notte tragicomica – l'ultima di una serie di notti tragicomiche – riesce a narrarci tutto questo viaggiando tra il dramma umano e le miserie umane di personaggi ridicoli e incapaci. Donald Glover citava scherzosamente tra le ispirazioni i Tiny Toons, ma qui siamo più dalle parti dell'uomo del sottosuolo di Dostoevskij.