Atlanta 2x06 "Teddy Perkins": la recensione

La recensione del sesto episodio stagionale di Atlanta, intitolato Teddy Perkins

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Spoiler Alert
Difficilissimo da inquadrare e da comprendere questo sesto episodio stagionale di Atlanta, intitolato Teddy Perkins. Molto genericamente, si tratta dell'ennesima conferma di quanto i confini di certa televisione si prestino facilmente a superare le barriere dei generi e dei linguaggi narrativi, per inglobare tutto ciò che può servire alla storia. Ma, più in concreto, si tratta anche di un ottimo episodio thriller, di stampo puramente antologico, cosa che Atlanta non è, ma spesso diventa attraverso i suoi episodi. Donald Glover ci trasporta, insieme al protagonista Darius, in un incubo diurno in cui più simbolismi si accavallano mentre cerchiamo di uscire vivi da una villa inquietante.

Protagonista quindi è Darius, collaboratore di Paper Boi. Ma la musica del rapper tocca solo marginalmente lo svolgersi della puntata. Darius si reca in una villa fuori città per acquistare un pianoforte dai tasti colorati che vuole assolutamente avere. Lo accoglie un sinistro personaggio dal volto inquietantissimo, qualcosa a metà tra Sammy Sosa (che viene citato) e un robot umanoide che ci porta in piena uncanny valley. Da quel momento e fino alla fine della puntata è un susseguirsi di momenti grotteschi, disagianti, quando non apertamente inquietanti. Per Darius si tratta di contenere la paura per portare a termine la transazione, scherzando al tempo stesso con gli amici sull'atmosfera inquietante che non sappiamo quanto in effetti sia pericolosa per lui.

Andiamo con ordine. Passare dall'episodio della scorsa settimana a questo è quasi traumatico. Atlanta, nettamente di più rispetto alla scorsa stagione, sta puntando sulla sperimentazione, e la cosa migliore è che riesce a farlo corteggiando più ambiti, stili, generi, addirittura il thriller in quest'ultimo caso. Questo, unito al fatto che ogni episodio è una storia a sé (quasi sicuramente non sentiremo mai più parlare degli eventi di questa puntata) avvicinano lo show di FX ad una serie antologica. Qualcosa che Atlanta non è – non ne ha le premesse né la struttura – ma a cui assomiglia moltissimo. Sinceramente facciamo molta fatica a trovare un'altra serie capace di fare qualcosa del genere.

L'episodio in sé è ottimo. Un blocco più lungo del solito che può essere tranquillamente visto da chi non ha seguito nemmeno un minuto della serie, o che potrebbe uscire da una stagione qualunque di Inside n.9. C'è tensione, inquietudine crescente, molto senso del grottesco. E ancora una volta una vicinanza ideale a Get Out di Jordan Peele, che a questo punto diventa il riferimento palese degli autori nella stagione. Si tratta di una puntata che gioca sui simboli, sul concetto di appartenenza. Teddy Perkins e suo fratello sono lo specchio ideale di relazioni morbose classiche come Psycho o Che fine ha fatto Baby Jane?, ma sono anche la raffigurazione di una visione distorta della musica e dell'arte, come snaturamento di sé e sacrificio continuo.

La musica pervade questa puntata, tanto nella motivazione alla base quanto nei dialoghi. Aleggia una rappresentazione quasi iconografica di Michael Jackson, e il rap – inteso come forma musicale che deve trovare, forse, ancora una propria affermazione – viene chiamato in causa. Arrivati a questo punto Atlanta è fuori da ogni schema. Ci ricorda molto la seconda stagione di Master of None, che comunque non si era spinta a questi livelli di sperimentazione.

La seconda stagione di Atlanta va in onda dallo scorso 1 marzo su FX e prossimamente in Italia in esclusiva su Fox.

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