Athena, la recensione
L'epica classica e l'action moderno si toccano in Athena, un'esperienza di cinema immersivo e carnale che segna un nuovo standard spettacolare
L'azione di The Raid incontra il gusto di Mad Max per l’adrenalina e la scala epica del Signore degli anelli. Athena è un film immenso, che pretende il massimo da se stesso. Cioè di essere grande sin dalla sua partenza, con un piano sequenza da non credere, di pura magia cinematografica. Una vetta tecnica irraggiungibile. Da lì però il film raddoppia in un altro modo. Inizia a crescere sempre di più il racconto, con la posta in gioco già altissima, che si supera continuamente e, mentre lo fa, attraversa tutti i generi dell’azione.
Ci sono almeno tre storie che si intrecciano in Athena. Due fratelli uniti dal dolore per la morte del più piccolo di loro, con due idee radicalmente diverse su come gestire la situazione: un pompiere e un incendiario. In mezzo a loro c’è un poliziotto, preso come ostaggio, osservatore terrorizzato e fuori posto. Il suo mondo, quello dei padri di famiglia che fanno i poliziotti per guadagnarsi il pane, non è più quello che attraversa la Francia brutale di Athena.
Gavras e Ly partono da un tema che il cinema francese ha sviscerato in ogni modo. Le tensioni sociali, e la conseguenza che uno sparo può avere sul mondo intero. Uno dei protagonisti sembra avere visto e interiorizzato L’odio di Kassovitz, una sua scelta chiave lo dimostrerà, facendogli seguire esattamente la stessa filosofia.
L’intento di denuncia sociale del duo è però al minimo e lontanissimo dal classico cinema d'impegno francese. L’ambizione della messa in scena è così grande e vistosa proprio perché Athena è un film sui massimi sistemi. Buoni contro cattivi. Buoni che diventano cattivi, e villain nascosti che ordiscono i loro piani in segreto. Come le grandi storie epiche sanno fare, trova infinite sfumature all'interno di questi poli.
Quello che cambia è l’enunciazione. Il modo in cui Gavras racconta la sua storia classica è così radicale, coinvolgente e preciso da condurre in un finale che sembra aprire a un genere a parte. Fatto di luoghi reali trasformati da eventi irreali tanto da portarli in un ideale futuro distopico e disperatissimo.
Il complesso di edifici di Athena è un luogo di non diritto, in cui si ricrea una civiltà disperata ed esplosa in mille frammenti. Sui tetti si combatte all’ultimo sangue, mentre nelle stanze a fianco si prega un morto, e mentre le autorità del posto in un’altra stanza ancora prendono decisioni politiche su come contenere (o meno) la rivolta. Ad ogni svolta, a ogni porta aperta, cambiano il ritmo e gli obiettivi. Per tutto il film si corre attraverso questi luoghi, che spiegano con le loro mura l’esistenza delle persone che vivono al loro interno.
Basta uno sguardo alla posizione in cui è posto l’edificio principale per capire la marginalità a cui sono sottoposti gli abitanti. Un luogo fuori dal mondo, un impero che sta decidendo cosa diventare. Spesso, quando si osservano piani sequenza complessi (di cui Athena è praticamente un collage) si intuisce la coreografia studiata e provata alla perfezione. Gavras riesce a far sembrare tutto improvvisato e rischiosissimo. Scooter che si muovono tra la folla in fuga, schivando passanti ed esplosioni, ed entrando negli edifici. Oppure passaggi di inquadratura dall’interno di un veicolo all’esterno e poi in volo senza alcuna soluzione di continuità.
Athena è così di quei film che sembrano arrivare dal futuro scegliendo di nascere proprio dal passato epico del cinema. Il migliore esempio di come l'energia possa essere catturata e messa in scena in un'opera ambiziosissima che già da oggi è il nuovo metro di paragone per l'azione.
LEGGI - Bardo, la recensione