Asterix e Cleopatra, la recensione

Lo scorso martedì è uscito in edicola Asterix e Cleopatra, il primo appuntamento con la collana completa della creatura di Goscinny e Uderzo

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Lo scorso martedì è uscito in edicola Asterix e Cleopatra, il primo appuntamento con la collana completa dedicata al capolavoro di René Goscinny e Albert Uderzo, l'ultima proposta del meglio delle bande dessinée da parte di Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport. Il cartonato di 64 pagine contiene un ricco extra redazionale dove apprendiamo per esempio che questo episodio, uscito la prima volta in Francia nel 1963 su Pilote 215 e poi in volume nel 1965 (per Hachette Livre), ha trovato ispirazione dal film di Joseph Mankiewicz. La famosissima proiezione hollywoodiana del 1963 con Elizabeth Taylor nel ruolo della regina d'Egitto, Richard Burton in quello di Marco Antonio e Rex Harrison in quello di Giulio Cesare, aveva talmente divertito i due autori per gli involontari strafalcioni e sviste sull'epoca romana, che questi ne vollero fare una parodia attraverso la loro creatura di carta che si inseriva perfettamente nella cronologia di quegli eventi.

La trama del fumetto è ovviamente diversa, come i più sapranno, anche grazie al successo degli adattamenti nel 1968, animato, e poi live action del 2002 con Gérard Depardieu nei panni di Obelix, Christian Clavier in quelli di Asterix e Monica Bellucci nelle vesti di Cleopatra. Panoramix è invitato con una richiesta d'aiuto dell'amico architetto Numerobis a recarsi in Egitto; deve far vincere una scommessa alla sua sovrana, fatta a suo tempo con Giulio Cesare, e riguardante la costruzione di un sontuoso palazzo in soli tre mesi che dimostri al condottiero romano la gloria antica del suo popolo. In caso di fallimento non vi è in gioco solo l'onore millenario della civiltà nordafricana ma la vita stessa di Numerobis. Il druido senza esitazione decide di partire verso l'altra sponda del Mediterraneo, accompagnato ovviamente da Asterix, Obelix e dal piccolo amico Idefix. È un trionfo di comicità, avventura, colori, trovate e sapienza sequenziale, un godimento per gli occhi e per la mente.

La presa in giro del colossal americano (la stessa copertina dell'albo riprende chiaramente la locandina) si estende per par condicio a tutti i lungometraggi cosiddetti “peplum”, ovvero pellicole in costume realizzate a basso costo e solitamente prive di qualunque realismo storico. L'opera non si ferma certo qui nella carica di ironia e di battute che investono ogni aspetto della cultura, soprattutto francese, e sfoggiano quella di Goscinny e Uderzo. Non c'è traccia di alcun elemento ostentato o volgare; come ogni grande classico, le tavole presentano svariati livelli di lettura così come l'umorismo in esse contenuto. Asterix è qualcosa di costruito con cervello ed estro, adatto a qualunque palato e formazione. Lo testimonia la sua eternità editoriale, il suo fascino che di generazione in generazione strega prima i bambini e poi gli adulti. Sarà la genialità della scelta del soggetto, del suo straordinario contesto temporale che offre figure leggendarie, quasi mitologiche, note a tutti, sarà il talento dei suoi artefici nella stesura squisita anche dell'ultimo comprimario, ma è impossibile catturare in una definizione la magia di questo vertice della Nona Arte.

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