Asgardiani della Galassia vol. 1: L’Armata dell’Infinito, la recensione

L'esordio di Asgardiani della Galassia delude le aspettative dal punto di vista narrativo, ma dà grandi soddisfazioni a livello estetico

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Asgardians of the Galaxy #1, anteprima 01

E venne il giorno in cui i più potenti eroi di Asgard si unirono per affrontare una minaccia fuori dal comune che da soli non sarebbero riusciti a sconfiggere. Nascono così gli Asgardiani della Galassia, un gruppo di valorosi guerrieri composto da Valchiria, Skurge l’Esecutore, Thunderstrike e Throg, la potente Rana del Tuono, tutti reclutati da Angela, sorellastra di Thor, e dal misterioso Distruttore. La loro missione? Fermare Nebula e il suo esercito. La presunta nipote di Thanos si è infatti impossessata di un'arma potentissima in grado di scatenare orde di divinità morte.

Lungo il tragitto sono diversi i volti noti che arricchiscono il cast: dal Dio del Tuono stesso a suo fratello Loki (qui in una versione diversa dal solito), da Gladiatore ai Nova Corps: tutte le principali forze dell'Universo Marvel sono infatti coinvolte in questa guerra di proporzioni cosmiche.

L’Armata dell’Infinito è il titolo del primo arco narrativo di Asgardians of the Galaxy, serie scritta da Cullen Bunn (Mostri scatenati!) e nata come tie-in del megaevento Infinity Wars. Prima del rilancio ad opera di Donny Cates e Geoff Shaw, c’era infatti bisogno di qualcuno che riempisse il vuoto lasciato dai dilaniati Guardiani della Galassia, e il gruppo di Bunn ha proprio questa ambizione.

Fin dalle prime battute risulta evidente la volontà di ricalcare schemi già noti: senza troppi indugi veniamo catapultati nel mezzo di una battaglia e gradualmente facciamo la conoscenza dei vari protagonisti. Come di consueto, lo sceneggiatore di X-Men: Blue preferisce partire con il piede premuto sull'acceleratore, affidandosi più di ogni altra cosa all'azione e alle svolte che introducono gli antagonisti. Alla lunga, però, il riproporsi delle stesse formule fa perdere mordente alla storia, che già di suo non propone avvenimenti realmente degni di nota.

"Asgardiani della Galassia non dimostra la verve necessaria per prendere il posto del titolo a cui fa il verso."In particolare, manca un lavoro di approfondimento dei personaggi così che il lettore possa empatizzare con loro: un'occasione sprecata, considerando le potenzialità della drammatica storia di Skurge, appena tornato da Hel, o il rapporto di Thunderstrike con l’eredità paterna. Non vengono valorizzati nemmeno il peso specifico di una figura come Angela, l’ironia di Throg o i misteri legati alla creazione dell’arma asgardiana oggetto del contendere: tutti elementi che vengono dunque sviliti da una narrazione deficitaria.

La diretta conseguenza è che gli equilibri interni alla squadra non sono accattivanti come ci si aspetterebbe dalla bella copertina di Dale Keown, che grida al lettore "formazione bizzarra e grandi avventure!", e non c'è nemmeno il sentore che tale aspetto possa cambiare nei prossimi appuntamenti. In definitiva, Asgardiani della Galassia non dimostra la verve necessaria per prendere il posto del titolo a cui fa il verso: mancano sia la gravitas della minaccia (Nebula non viene sfruttata a dovere ed esce sconfitta dalla sfida a distanza con Gamora) sia gli esilaranti siparietti della squadra di Peter Quill. Infine, l'epilogo si limita a introdurre lo scenario in cui si svolgerà il prossimo storyarc, senza creare chissà quali aspettative.

Se non fosse per l’ottimo lavoro al tavolo da disegno del nostro Matteo Lolli – che con Bunn ricrea il team creativo della ben più riuscita miniserie Deadpool’s Secret Secret Wars – questa testata avrebbe molto poco da dire. L’artista italiano firma tavole di grande impatto con cui, sfruttando una costruzione orizzontale, immortala scene di battaglia a dir poco spettacolari. Sempre espressivo nei primi piani così come nelle pose delle figure in scena, Lolli è accompagnato su queste pagine da altri disegnatori di livello, come Mike Del Mundo (Thor) e Luca Maresca (Orfani), i quali contribuiscono a rendere la componente estetica l'unico vero punto di forza di questo fumetto.

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