Arrow 5×20, “Underneath”: la recensione

La nostra recensione del ventesimo episodio della quinta stagione di Arrow, intitolato “Underneath"

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Spoiler Alert
Nel ventesimo episodio della quinta stagione di Arrow, intitolato Underneath e diretto da Wendey Stanzler, Oliver e Felicity si trovano intrappolati nel bunker/quartier generale del Team Arrow, a seguito dell'attacco di Prometheus. Il villain, sotto la cui maschera si cela Adrian Chase, dopo essere stato pubblicamente smascherato ed essersi dato alla macchia, ha distrutto il rifugio di Green Arrow con una bomba che ha generato un impulso IMP capace di spegnere ogni forma di energia artificiale all'interno del bunker, compresa quella che alimenta l'impianto spinale di Felicity, cosa che l'ha resa nuovamente paraplegica.

Con Oliver e la sua ex compagna prigionieri e senza alcuna possibilità di fuggire o di chiedere aiuto a qualcuno, il Team Arrow si mobilita per liberare gli amici intrappolati, mentre Diggle e Lyla si confrontano duramente sugli ultimi avvenimenti e contrasti, per provare a salvare il loro matrimonio.

A costo di sembrare ripetitivi, affermando per l'ennesima volta la stessa cosa, anche Underneath è un distinto episodio di questa apprezzabile quinta stagione di Arrow, scritta in maniera precisa e con un ritmo incalzante, con una trama originale, belle svolte narrative e soprattutto in grado di affrontare temi importanti e appassionanti: gli sceneggiatori hanno riportato Oliver nella sua "caverna platonica", costringendolo a scendere a patti con se stesso, spogliandolo di tutto, e assieme a lui hanno messo anche la donna che ama e con la quale non può più stare, che cerca di proteggere impedendole di seguire il suo stesso sentiero verso il "lato oscuro". Il confronto, schietto, drammatico e così umano tra i due personaggi che va in scena in questo episodio è francamente molto, molto buono - anche grazie alla chimica da sempre esistente tra Stephen Amell ed Emily Bett Rickards - e ci consente di assistere alla caduta e successiva rinascita di un eroe, costretto finalmente ad ammettere e ad affrontare una volta per tutte i suoi demoni, togliendosi metaforicamente la maschera. Proprio lo spogliare il protagonista di tutto sembra essere il tema cardine della quinta stagione dello show, con un Oliver sempre più senza maschera e costume, sempre più fragile e ammaccato, ma allo stesso tempo, forse, destinato a divenire più forte che mai. In questo senso, la genesi di un villain come Prometheus è stato il catalizzatore perfetto per dar vita a questo processo.

Allo stesso tempo, anche il resto dei personaggi si dimostra molto solido: ognuno dei componenti del Team Arrow ha un suo preciso ruolo all'interno dello show, ognuno con una sua voce e un suo momento, come dimostra benissimo Underneath, capitolo nel quale i vari vigilanti di Star City devono agire all'unisono senza il loro capitano, dimostrando - in primis a Oliver - di saper essere una squadra. Il tema della squadra, che è praticamente una famiglia dove dei soggetti instabili, reietti e solitari si sono ritrovati assieme, è un altro tema importante affrontato in questo episodio, anche grazie alle funzionali sequenza in flashback, che ci hanno mostrato alcuni momenti chiave avvenuti undici mesi prima rispetto al presente della narrazione. Il finale di questo capitolo della storia riserva inoltre un incredibile colpo di scena, le cui conseguenze saranno presumibilmente esplorate la prossima settimana.

Pur mancando precisi riferimenti ed easter eggs ai fumetti DC Comics, il personaggio di Curtis ammette di aver chiamato le sue T-sphere Kodo e Podo in omaggio del film del 1982 intitolato The Beastmaster (conosciuto in Italia come Kaan principe guerriero), che ha per protagonista l'attore Marc Singer - che viene menzionato esplicitamente - il quale ha avuto un ruolo anche nella terza stagione di Arrow, interpretando il Generale Matthew Shrieve.

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