Arrow 4x21, "Monument Point": la recensione
Ecco la nostra recensione del ventunesimo episodio della quarta stagione di Arrow, intitolato “Monument Point"
Monument Point ha visto il team Arrow impegnato a fermare l'apocalittico Progetto Genesis di Damien Darhk (Neal McDonough), un attacco nucleare di vasta portata che gli avrebbe consentito di assorbire le anime di tutte le vittime, rafforzando così all'inverosimile i suoi poteri magici. Un piano ai limiti dell'impossibile da contrastare debellato soltanto da due persone, due hacker informatici che, non si sa bene in che modo, sono riusciti a salvare il mondo disattivando tutte le testate. Tutte tranne una. Fortuna che gli autori hanno optato per questa scelta narrativa - probabilmente l'unica sensata dell'intero episodio, in quanto in grado di aprire interessantissime scenari per la prossima stagione. La decisione di Felicity (Emily Bett Rickards) di dirottare l'unico missile ancora attivo su una cittadina con meno abitanti dovrà infatti avere delle forti conseguenze non solo sul suo personaggio ma su tutto l'universo supereroistico di The CW, portando a qualcosa di molto simile a quanto visto recentemente al cinema in Batman V Superman e Captain America: Civil War.
Lasciando da parte il mancato intervento di Flash in una situazione critica come questa, parliamo ora del ritorno di Lonnie Machin (Alexander Calvert), un ragazzo che, senza grosse abilità particolari, è riuscito a intrufolarsi nel blindatissimo alveare dell'H.I.V.E. da cui Thea non era stata in grado di fuggire settimana scorsa. Tutta questa vicenda ha avuto un tono a dir poco surreale, utile soltanto a eliminare il personaggio di Alex (Parker Young) e a farci vedere la nuova mano ipertecnologica di Merlyn (John Barrowman), un altro personaggio che, l'ultima volta che lo avevamo visto, aveva giurato morte alla figlia e che pare invece aver già cambiato nuovamente idea.
Incommentabile, infine, sia la storyline con protagonisti Quentin (Paul Blackthorne) e Donna (Charlotte Ross) - davvero, spiegatemene il senso - che l'impostazione dei flashback, con frammenti di pochi secondi posizionati senza un filo logico in mezzo all'episodio.
Anche le scene d'azione che hanno costellato la puntata, pur apprezzandone l'impegno, non ci hanno convinto a pieno. Meritevole soltanto il combattimento tra Oliver (Stephen Amell) e alcune guardie della Palmer Tech nella rampa di scale dell'edificio, anche se è stato lampante quanto la controfigura di Amell non riesca a mantenere un buon ritmo per più di una decina di secondi. Non chiediamo certo sequenze alla The Raid, ci mancherebbe altro, ma dopo la prima stagione del Daredevil di Netflix lo standard qualitativo di riferimento è diventato quello.