Army of Thieves, la recensione
Il senso prettamente editoriale di Army of Thieves sfugge allora totalmente, perché né amplia un immaginario né fidelizza con una nuova prospettiva empatica. E, purtroppo, la sensazione è che nemmeno gli interessi così tanto.
Prendete Army of the Dead di Zack Snyder: si tratta di una zombie comedy dal divertito gusto apocalittico, girata con tantissimo stile e amore per il cinema di genere, che con una trama semplicissima, personaggi ben caratterizzati (per quanto stereotipati) e avvincenti scene d’azione si porta a casa un proprio immaginario specifico e riconoscibile. Una cosa mica da poco, che già prometteva esiti fortunatissimi.
LEGGI ANCHE - Army of the Dead, la recensione
Il legame tra i due film è particolarmente ambiguo, ma mai pienamente a fuoco. Da una parte Army of Thieves usa come spina dorsale della narrazione proprio le cassaforti wagneriane citate nell’altro film, che qui il protagonista Sebastian (Matthias Schweighöfer stesso) - assieme a una gang di criminali - ha l’obiettivo di aprire (quasi non gli interessa rubare il loro contenuto) una dopo l’altra facendo colpi nelle banche dove sono contenute. Dall’altra, tuttavia, Army of Thieves sembra veramente fin troppo pretestuoso e svogliato per come cerca di “aggrapparsi” a ciò che lo spettatore già conosce, limitandosi a richiamare l’apocalisse zombi in corso a Las Vegas tramite qualche servizio tv e un paio di incubi che Sebastian fa preso dall’ansia di essere mangiato da quelle creature che ha visto in tv un paio di volte.
Army of Thieves è un film che sbaglia doppiamente perché sia si carica di aspettative sbagliate che non fa che deludere (a partire dal titolo, che inganna su un’effettiva ripresa dei meccanismi del primo film), sia, che se lo si prende come film a sé, è semplicemente privo di spunti, poco avvincente e decisamente prevedibile, e non fa che usare la scusa delle cassaforti per tirare avanti una storia che pare non avere nulla di interessante da dire. Anche se riesce a tenere viva l'attenzione con continue sequenze d'azione, l'impressione è che il film non si voglia mai fermare per paura di mostrare il vuoto che si cela al di sotto della spettacolarità.
Se sui comprimari decisamente più stereotipati che simpatici è difficile chiudere un occhio, ma comunque ci si può riuscire (la bella di cui il protagonista si innamora, il ladro d’auto, la nerd informatica e il bellone antagonista che rosica per qualcosa), sul fatto che il protagonista sia privo di approfondimento non si può passar sopra, perché pur dedicandogli un intero film alla fine non sappiamo niente di nuovo sul suo conto se non la vicenda in sé della truffa che si spiega palesemente davanti ai nostri occhi e un generico innamoramento trattato come sottotrama un casuale e svogliata. Matthias Schweighöfer, pur essendo perfettamente calato nel personaggio macchiettistico di Army of the Dead (dove funzionava proprio perché macchietta) non riesce ad andare oltre a quella superficialità mimica.
Il senso prettamente editoriale di Army of Thieves sfugge allora totalmente, perché il film né amplia un immaginario né fidelizza con una nuova prospettiva empatica. E, purtroppo, la sensazione è che nemmeno gli interessi così tanto.
Siete d’accordo con la nostra recensione di Army of Thieves? Scrivetelo nei commenti!
Vi ricordiamo che BadTaste è anche su Twitch!