Armored Core VI: Fires of Rubicon, la recensione

Armored Core VI: Fires of Rubicon segna il ritorno della saga di FromSoftware, forte ora di tutta l'esperienza maturata nel tempo

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Armored Core VI: Fires of Rubicon è il sesto capitolo della celeberrima saga nata nel 1997 sulla prima PlayStation. Si tratta di uno sparatutto in terza persona dove il giocatore veste i panni metallici di un potente mech da combattimento con lo scopo di trovare la build perfetta per affrontare i nemici che vi si parano di fronte. Questa estrema personalizzazione, mescolata anche alla divertente modalità multiplayer, ha reso famosa la serie sviluppata da FromSoftware.

A dieci anni dall’uscita dell’ultimo capitolo di Armored Core (Armored Core: Verdict Day), la software house divenuta famosa grazie a Dark Souls ha quindi deciso di rimettere mano al proprio franchise. L’intenzione è quella di sfruttare le conoscenze apprese anno dopo anno per dare al pubblico la miglior versione possibile di questa saga. Una saga che potrebbe risultare sconosciuta ai videogiocatori più giovani, ma che per i fan di vecchia data rimane una sorta di cult. Una piccola gemma non esente da difetti, ma caratterizzata da quel tocco di maestria in grado di rimanere ancorata al cuore di tutti coloro che sono cresciuti a pane, Gundam e mecha.

Armored Core VI: Fires of Rubicon è disponibile dal 25 agosto su PlayStation 4, PlayStation 5, Xbox e PC. Saranno riusciti i ragazzi di FromSoftware a trasportare la serie nell’epoca moderna, oppure la saga è destinata a rimanere un’opera di nicchia per “pochi” appassionati?

PIÙ CORAL PER TUTTI

Armored Core VI è nuovo punto di partenza per la saga. Ambientato sul pianeta Rubicon 3, un umano potenziato che risponde al nome in codice di “Raven” si trova nel bel mezzo di una battaglia per l’ottenimento del Coral. Il Coral è una fonte di energia che risultava sparita da tempo e che, dopo essere riaffiorata nuovamente, ha attirato l’attenzione della razza umana da ogni angolo dell’universo. Aziende, criminali e rivoluzionari farebbero di tutto per mettere le mani su questa vantaggiosa risorsa ed ecco che entriamo in scena noi. Raven è un mercenario e, come tale, offrirà i propri servizi al miglior offerente con il solo obiettivo di diventare sempre più ricco e potersi permettere le parti migliori per il proprio mecha.

Evitiamo di entrare nel dettaglio degli sviluppi di trama per non rovinarvi l’esperienza, ma sappiate che Fires of Rubicon è un’opera diretta da Masaru Yamamura, il lead designer di Sekiro. Questo significa che la storia scorre in modo chiaro dall’inizio alla fine, senza entrare nella complessità e nel “non detto” tipico di Miyazaki. È altresì vero, però, che alcuni sviluppi narrativi vengono portati avanti da schermate fisse dove il nostro supervisore ci racconta l’evolversi degli eventi. Una soluzione poco cinematografica e che rischia di deludere coloro che si aspettavano un’esperienza portata avanti da cut-scene. La storia di Armored Core VI, comunque, non brilla particolarmente per scrittura, sfruttando i temi tipici da futuro dispotico senza però emozionare mai il giocatore.

Molto valido, invece, il world building e i vari dettagli che vengono rilasciati gradualmente su ambienti e personaggi. Vi basti sapere che per comprendere appieno Fires of Rubicon dovrete completare il gioco almeno tre volte, portando così la longevità totale del titolo attorno alle trenta ore. Un risultato apprezzabile in quanto modulabile. Perfetto sia per coloro che vogliono un gioco dalla durata limitata (e che magari si limiteranno a una sola run), ma anche per il perfezionista che non vede l’ora di sviscerare ogni singolo elemento del gameplay.

MECHA DESIGN MON AMOUR

Com’era legittimo aspettarsi, il punto di forza di Armored Core VI: Fires of Rubicon è il comparto ludico. Partiamo dalle basi: stiamo parlando di uno sparatutto in terza persona suddiviso a livelli dalla durata variabile. Alcuni di essi possono essere completati in pochi minuti, mentre altri possono richiedere più tempo. Anche in questo caso, però, FromSoftware ha deciso di inserire dei checkpoint all’interno delle aree, in modo da rendere più accessibile il tutto. Una scelta ancorata al passato della saga e che temevamo non sarebbe stata presa in favore di un design più vicino ai vari Souls.

L’elemento che più diverte è però la gestione della propria macchina da guerra. Ogni singolo elemento del proprio robot è personalizzabile, modificando sostanzialmente il gameplay. Alcune tipologie di gambe vi permetteranno di saltare più in alto, mentre i cingoli vi garantiranno stabilità e mobilità a terra. Braccia differenti potranno reggere pesi differenti, costringendoci a utilizzare un’arma piuttosto che un’altra. Inizialmente si può rimanere frastornati dalla quantità di elementi ai quali prestare attenzione. È proprio qui, infatti, che tornano utili quelle brevi missioni citate poco fa. Il giocatore è portato a creare una build e a gettarsi in battaglia, sperimentando le proprie nuove caratteristiche. Farlo in livelli dalla durata inferiore a cinque minuti è un banco di prova perfetto, che ci ha permesso di affrontare poi le missioni più impegnative con maggiore sicurezza.

Armored Core VI è un gioco difficile, ma questo talvolta sfocia in alcuni problemi di bilanciamento. Capita, infatti, di affrontare interi livelli senza mai morire, per poi trovarsi di fronte a boss fight o a situazioni così complesse da risultare delle vere e proprie barriere di accesso. Questo perché il gioco spinge l’utente a cercare sempre la build migliore per superare questi “muri”, costringendolo a non affezionarsi troppo al mech in uso. Acquistare e vendere pezzi di equipaggiamento è quindi fondamentale per poter sopravvivere. Pena: il rimanere bloccati per ore e ore di fronte a un preciso nemico.

IL RITORNO DELL’ARENA

Al di là della campagna principale, Fires of Rubicon vanta anche il ritorno dell’Arena, all’interno della quale poter affrontare decine di robot in epici scontri ravvicinati. Si tratta di una modalità che non solo permette al giocatore di testare il proprio robot da combattimento, ma che sblocca nuovi contenuti e che nasconde più di qualche segreto (che non vi riveliamo per ovvi motivi). Nonostante la difficoltà altalenante sopracitata, l’Arena ci è parsa invece più bilanciata, con una difficoltà che ci azzarderemmo persino a definire “tarata verso il basso”.

Com’era logico aspettarsi, Armored Core VI presenta anche una modalità multiplayer PvP, dove i giocatori potranno combattere in scontri 1VS1 o 3VS3. Si tratta di una valida implementazione, che riflette ancora una volta la cura necessaria nella realizzazione della build corretta con la quale affrontare gli avversari. Sbagliare le componenti del mech, infatti, potrebbe voler dire in questo caso una morte rapida e per nulla indolore. Peccato per la totale assenza di un vero e proprio matchmaking, che limita il tutto alle lobby create dai giocatori. Una scelta bizzarra, che potrebbe non attecchire sul pubblico più mainstream.

FREDDO METALLO

Per quanto riguarda il puro aspetto tecnico, Armored Core VI: Fires of Rubicon regala qualche momento davvero appagante dal punto di vista visivo. Merito di una regia che sa bene cosa valorizzare, distraendo il giocatore da tutti quei piccoli dettagli estetici che non funzionano appieno. Talvolta, infatti, i modelli 3D non brillano e gli ambienti risultano vuoti e asettici. Difetti di poco conto, sopratutto se posti di fronte alla magnificenza di determinati scontri. Incredibile, invece, la cura riposta nel mecha design, che sicuramente farà impazzire chiunque sia cresciuto a pane e Gundam. Nella media, invece, il comparto sonoro. La soundtrack ci ha convinto in alcuni brani, scomparendo quasi del tutto dai radar in altre situazioni. Buono il doppiaggio in inglese, che non fa gridare al miracolo, ma che riesce ad accompagnare il giocatore per tutta l’avventura senza dare fastidio. Segnaliamo, infine, la presenza dei sottotitoli in italiano, perfetta per color oche non masticano la lingua d’Albione.

Armored Core VI: Fires of Rubicon è un gioco perfetto per gli amanti delle opere con protagonisti enormi robottoni. FromSoftware è riuscita, inoltre, a rendere il titolo più accessibile e modulabile, permettendo anche a coloro che non conoscono la serie di avvicinarsi a questo splendido titolo. Un titolo non esente da difetti, tra i quali spiccano un comparto narrativo blando e una difficoltà mal bilanciata. In ogni caso, poco importa. Amate Armored Core? Allora questo è il gioco che stavate aspettando. Se eravate anche solo incuriositi dalla nuova opera del team nipponico, tuffatevi su Rubicon 3 senza pensarci due volte. Se vi avvicinate a questo franchise convinti di trovare qualcosa di simile a Dark Souls, invece, fate un passo indietro e guardate qualche video di gameplay. Nonostante il logo di FromSoftware si tratta di un prodotto nettamente diverso dai Souls, più ancorato ai primi titoli dell’azienda che agli ultimi. Una scelta ben precisa e che, sinceramente, ci sentiamo di premiare.

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