Argylle, la recensione
Con qualche spunto interessante ma una ripetitività che non funziona, Argylle punta tutto su un senso del divertimento che non arriva mai
La recensione di Argylle, il nuovo film di Matthew Vaughn in sala dal 1° febbraio
L’idea stavolta è fare un racconto anti-mitologico di una donna comune, una scrittrice di romanzi di spionaggio, coinvolta in un vero intrigo pieno di spie come quello dei suoi libri, che scopre che il mondo reale delle spie è molto meno cool e glamour ma più terra terra di quanto pensasse. Figura cardinale in tutto questo dovrebbe essere la spia d’azione che vuole aiutarla a fuggire dall’associazione mondiale di cattivi che la cerca, un uomo dai modi molto poco attraenti e per niente sofisticato interpretato da Sam Rockwell. La sua personalità è in teoria la trovata “originale” (virgolette giganti) del film e dovrebbe essere ciò che dà carisma a tutta la storia, come Colin Firth faceva con il suo personaggio in Kingsman. Ma non è mai così. Anzi risulta molto fastidioso.
Argylle è determinato a puntare sulle solite direttrici ma se già il divertimento scarseggia, la parte romantica è pure mal calibrata, Rockwell e Bryce Dallas Howard non hanno mai davvero una chimica convincente e soprattutto il loro piacersi non è mai realmente costruito, solo imposto. Si aggiunga che le molte parti d’azione sembrano essere risolte ogni volta con la musica, come a replicare di continuo la scena madre di Kingsman. Così facendo Argylle marcia inesorabile verso il piattume, verso la cancellazione di qualsiasi particolarità, cercando metodicamente la banalità, nel sacro terrore che ogni peculiarità alieni il grande pubblico. L’unico dettaglio meritevole di menzione che rimane è che se di regola nei film di spionaggio quando ci sono due identità una è la vera e una la falsa (Bourne quando scopre di essere un agente senza memoria, Atto di forza quando inizia la seconda vita o John Wick quando esce dalla pensione), questa volta essendo la protagonista una donna pretende di essere tutto, cioè di coniugare la sua parte comune e la sua parte da spia in una personalità complessa. Ma l’impressione che tutto questo esista più nella testa di chi guarda che nel film è fortissima.