Ardente pazienza, la recensione
Marginalizzando la figura di Neruda e la dimensione politica, Ardente pazienza resta una convenzionale love story con una messa in scena non all'altezza
La nostra recensione di Ardente pazienza, dal 7 dicembre su Netflix
Le vicende del film potranno sembrare familiari: sono tratte dall'omonimo romanzo di Antonio Skármeta da cui partiva anche Il postino con Massimo Troisi. Rispetto a quest'ultimo, Ardente pazienza ripropone l'ambientazione originale nel Cile nel 1968 e la giovinezza dei protagonisti. Mario Jiménez è un pescatore venticinquenne che decide di abbandonare il proprio lavoro per diventare il postino dell'Isla Negra. Qui l'unica persona che riceve e invia corrispondenza è Pablo Neruda, autore all'epoca molto affermato e amato dal popolo, con cui il ragazzo stringe presto una forte amicizia. Nel frattempo, il ragazzo si innamora di Beatriz, che lavora come cameriera, e cercherà di conquistarla scrivendole poemi che il grande poeta gli ispira.
Ardente pazienza è anche infatti il primo originale Netflix cileno. Un film che inizia con immagini da cartolina del mare che infrange le onde, di Mario che corre felice in bicicletta in paesaggi suggestivi. Che ricorre a una colonna sonora invasiva piena di brani della tradizione (oltre a cover di canzoni riconoscibilissime) e un'illuminazione diffusa tale da rendere translucide e tutte le sequenze. Un'orizzonte calligrafico e illustrativo che propone una visione disincantata e senza ombre del proprio Paese, in cui tutti i pescatori stanno dalla stessa parte nel sostenere Neruda e tutti si ritrovano a festeggiare insieme. Aggiungiamoci anche una regia anonima, che fa leva su esasperati ralenti per sottolineare il colpo di fulmine, e il gioco è fatto.