Arcane: la recensione della parte finale della prima stagione

Conclusa la prima stagione del fenomeno Netflix, non ci tiriamo indietro nel definire Arcane una delle migliori serie dell'anno

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Abbiamo pensato parecchio al modo migliore per cominciare questa recensione per gli ultimi episodi di Arcane: sottolineandone nuovamente l'eclatante qualità produttiva? Elogiando per la terza volta una regia impeccabile accompagnata da un montaggio preciso? Fomentandoci al ritmo di una colonna sonora da standing ovation?

No, tutto questo l'abbiamo già fatto raccontandovi il primo e il secondo arco narrativo. E no, nessuna di queste parti, presa singolarmente, riuscirebbe a definire Arcane, la serie Netflix tratta da League of Legends, rinnovata ieri per una seconda stagione. Abbiamo deciso, quindi, di seguire il cuore, il fomento, la qualità, tutto insieme: perché, senza dubbio, Arcane è la miglior serie dell'anno. Attenzione: non la miglior serie animata dell'anno, ma proprio la miglior serie, capace di raccontare famiglia e politica, ricchezza e povertà, strisciando tra le zone di grigio, non suggerendo mai un approccio giusto o sbagliato nell'infinito dualismo che caratterizza tutti e nove gli episodi.

Per molti versi, questa recensione potrebbe sembrare ridondante: entrambi gli archi narrativi precedenti ci hanno colpiti lasciandoci entusiasti e soddisfatti, senza riserve, e se siete arrivati a leggere il nostro parere per quanto riguarda l'arco narrativo finale significa che, con tutta probabilità, avete già concluso la visione di Arcane. Un viaggio emotivo che comincia nelle tenebre del sottosuolo e finisce nel lampo abbagliante di una luce destinata a cambiare gli equilibri di Runeterra. Powder muore, uccisa da Jinx, davanti alla sorella, Vi, e a una tavola imbandita come nei migliori pranzi di famiglia, un banchetto a cui prendono parte altri personaggi chiave del viaggio della mina vagante, come Silco, Caitlyn e le ombre inquietanti degli amici d'infanzia. Come dicevamo, Powder muore, davanti agli occhi di Vi, costretta a lasciare andare la sorella per sempre. Costretta a darle la caccia.

Arcane

Se vogliamo, però, il desiderio contorto e morboso di Silco e di tutti i Baroni Chimici, quello di risplendere in superficie, di ritagliarsi un posticino in un lembo di terra che spetterebbe anche a loro, una dignità, una fuga dalle strade e un tetto sotto il quale rifugiarsi ogni notte, è stato portato a compimento sotto la palette incredibilmente drammatica di una luna rossa spaccata da un lampo di luce. E tutto ciò è la risposta a quello di cui vi abbiamo accennato la scorsa settimana, un Consiglio che inizialmente non vuole concedere l'indipendenza agli zauniti, salvo cambiare idea per togliersi delle zavorre dai piedi, per progredire ancor di più lasciando a marcire gli indegni, coloro che non possono permettersi una vita agiata, uno scenario dove gli autori calcano ancora di più la mano, dipingendo nei membri del Consiglio, anche in quelli più dubbiosi come Jayce, tutto il marcio degli Stati Uniti, gli stessi Stati Uniti che - come già detto - combattono battaglie di comodo contro mostri creati da loro stessi, non utilizzando quelle risorse a beneficio di chi vive dietro l'angolo e che si accontenta di un tozzo di pane. D'impatto e dolorosa, in questo senso, per quanto tristemente realistica, la morte del ragazzino colpito dal martello di Jayce, un'anima innocente senza possibilità di fuga dal proprio destino, intrappolata in un giro di droghe tossiche dal quale, in ogni caso, non sarebbe mai riuscito a scappare.

E, alla fine, tutte le pedine mosse nel corso di questa prima stagione non hanno portato alla guerra, né alla pace, ma hanno lasciato le cose esattamente come stavano, magari facendo aprire gli occhi a qualcuno, come a Heimerdinger che, grazie al fortuito incontro con Ekko, per la prima volta in oltre trecento anni di esistenza vede la vita non come una lunga linea con un'inizio e una fine, ma come una spirale costruita da emozioni imperfette, ma sincere. "Le cose esattamente come stavano", dicevamo, con il nemico pubblico numero uno, Jinx, che sceglie per la prima volta chi essere, sceglie di farsi carico di un peso enorme, il peso dell'armistizio, tutto in nome dell'anima, del sciogliersi un nodo dallo stomaco, dall'essere se stessi, anche se questa versione di sé non convincerà mai nessuno. Ma poco importa, perché, per la prima volta, Jinx è libera. Libera come nessun altro in tutta Runeterra. Libera di soffrire, d'impazzire, di piangere e di gridare. Da sola.

Detto questo, il finale di Arcane sa essere spietato, sì, ma anche commovente, liberatorio (appunto), pesante come una fitta allo stomaco e rinfrescante come il primo fresco d'autunno. Merito, come già sottolineato, delle enormi qualità produttive dello show, che con l'introduzione della sottotrama legata a Mel e a Noxus sembra pronto ad espandersi oltre ai confini di Piltover e Zaun. E, con tutta franchezza, non vediamo l'ora di immergerci nuovamente nelle atmosfere dipinte da Fortiche Studios e Riot Games. Bravi tutti. Bis. E grazie.

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