Aquaman e il regno perduto, la recensione
Aquaman e il regno perduto migliora il precedente capitolo pur restando fedele alla sua impostazione esagerata e spesso fuori controllo
La recensione di Aquaman e il regno perduto, dal 20 dicembre al cinema
Proprio come nei Thor di Taika Waititi anche qui c’è un bambinone (Arthur Curry) diventato re senza averne la stoffa. Nella sua vita da casalingo si deve prendere cura di un (vero) bambino, suo figlio, erede al trono e al pari di un McGuffin per la trama. Come in Black Panther il problema della sua seconda vita, ovvero quella da sovrano, è di risolvere l’isolamento di Atlantide aprendosi al mondo. Se i due franchise della rivale Marvel sono citati e assimilati in maniera funzionale a quello che vuole fare Wan, la dinamica che più salta all’occhio in questo secondo film è quella con il fratello Orm. Sembra Loki, qui pure citato esplicitamente, per come battibecca con Arthur. Una dinamica non nuova ma che rinfresca il film.
Aquaman: azione a cuor leggero tra i regni
Per tenere un ritmo alto si riempie di scene d’azione la durata, per una volta corretta, di un paio di ore. Il risultato è altalenante. Le scene corpo a corpo funzionano mentre le sequenze di battaglia più ampie, tra eserciti, sono confusissime. Vanno prese come una lotta di luci e colori più che di personaggi, quasi mai riconoscibili.
Aquaman e il regno perduto è fatto con gli evidenziatori. I colori sono accesisi e fluo, il regno marino non tocca nemmeno l’immaginario del fantastico (come Avatar), arriva fino alla caricatura fumettistica. Come nel precedente film saltano all’occhio le sequenze in cui James Wan è più a suo agio rispetto a quelle che meno gli appartengono. L’esplorazione sottomarina che conduce alla scoperta di creature mostruose è una parte molto lontana dal resto del film, devia l’attenzione dalla storia principale, ma è anche quella girata meglio. Un po’ come il magistrale momento dei Trench in Aquaman (le idee che riguardano il primo atto di Black Manta potrebbero provenire proprio dallo spin-off scartato).
La chiusura dell'universo DC
L’universo DC si chiude, in attesa del restyling di James Gunn, con un film che parla di genitori, ma che si sente un figlio abbandonato. Impossibile per lui costruire una tensione che arrivi nella trama più grande. Isolato nell’universo narrativo sceglie bene come giocare le sue carte. Diventa un buon film d’avventura che mette a dura prova gli impianti subwoofer dei cinema. Un gioco, come tale va preso, senza alcuna pretesa, e con l’unico scopo di intrattenere. Alla fine tutto si riconduce ai principi fondamentali: famiglia, fratellanza, responsabilità. Salvare il mondo dagli umani che lo inquinano e dai cattivi che lo vogliono inquinare di più.
L’unica grande domanda che resta alla fine di Aquaman e il regno perduto è se sia proprio l’ecologia e, al contrario, il cambiamento climatico, il nuovo grande tema dei supereroi di domani. Il grande nemico da sconfiggere. Dai genitori, per i figli.
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Trovate tutte le informazioni su Aquaman e il regno perduto nella nostra scheda.
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