Appunti di un venditore di donne, la recensione
L'archetipo di un nuovo Noir-complottista. Appunti di un venditore di donne conosce la tradizione e sa benissimo come si fa un noir vero
“Quello che non ci hanno mai detto e che hanno fatto alle nostre spalle”, ovvero la materia di cui è fatto il cinema cospirazionista invade il territorio del noir e di colpo sembra che questi due tipi di racconti siano fatti per stare insieme. E bisogna dirlo subito, forte e chiaro: Appunti di un venditore di donne è un gran bel noir.
Certo non tutto gira per il verso giusto, né tutto è propriamente impeccabile (anzi, le cadute di stile e le sbafature sono una costante fino alla fine) ma è talmente centrata l’ambientazione prevalentemente notturna, fatta di neon fasulli e artificiosi, talmente astratta l’atmosfera di una Milano anni ‘70 da fumetto hard boiled, e infine talmente è concreta la disperazione di tutti i coinvolti in questa fotografia plumbea e mortifera, che diventa subito sciocco concentrarsi sui dettagli. Appunti di un venditore di donne sa cosa è un noir, sa cosa conti e lo sa fare.
Fabio Resinaro poi decide di dirigere tutto con il piglio anni ‘70, cioè non disdegnando l’espressionismo italiano riuscendo a marginalizzare tutto il terribile “riflessismo” del cinema italiano, cioè la tendenza a trasformare storie di genere in momenti di intimismo struggente, concentrandosi sull’azione.
L’unico problema del film, nonostante l’impeccabile scelta di facce (perfetto Paolo Rossi, giusta la scelta di Miriam Dalmazio e finalmente qualcuno che usi a dovere Michele Placido), è il comparto degli attori. Più che un’arma è un continuo problema. Se si esclude il monumentale Antonio Gerardi (il miglior caratterista italiano in attività), il resto del cast arranca e sottrae qualcosa al tutto invece di donarglielo. Appunti di un venditore di donne riesce tuttavia a non cadere mai, rimanendo eroicamente in piedi fino alla fine, riparando sempre con un dettaglio della trama o con ambienti luci e costumi troppo corretti per essere veri.
Questo primo noir complottista è un film dentro il quale crescere fino a non vederne più i difetti e rimanere solo davanti alla brutalità di prostitute e senatori, Brigate rosse e Sisde, ipotesi di fantapolitica e scoperte di cospirazioni che, se ambientate nell’Italia degli anni ‘70 e messe in bocca a politici con il loden, hanno la stessa credibilità delle presenze demoniache nelle campagne del sud Italia. Se non proprio vero almeno plausibile.