Apocalipsis: Harry at the End of the World, all’appello mancano solo Dante e Virgilio - Recensione
Un viaggio infernale tra gli orrori e gli incubi del Medioevo: la recensione di Apocalipsis: Harry at the End of the World
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Il titolo sviluppato da Klabater e WhisperGames sembra il perfetto punto d’incontro tra Machinarium, da cui eredita le meccaniche ludiche classiche di un punta e clicca, e The Binding of Isaac, nel suo creare un’opprimente, asfittica e deprimente allegoria che dipinge e indaga sugli aspetti più oscuri del Medioevo, periodo storico lacerato da continue guerre, pestilenze mortali, dall’insensata caccia alle streghe.
[caption id="attachment_183468" align="aligncenter" width="1000"] A prestare la voce al narratore c’è Adam "Nergal" Darski, frontman dei Behemoth.[/caption]
Con il cadavere che ancora penzola a pochi metri dall’inconsolabile promesso, il nostro si mette in viaggio, con l’obiettivo di riportare in vita la sua amata, anche a costo di strappare l’anima dalle grinfie di Satana stesso.
L’ambito artistico di Apocalipsis: Harry at the End of the World, insomma, funziona alla grande. La trama, con poche e puntuali parole, racconta della progressiva discesa negli inferi di Harry, in un viaggio in cui reale e sovrannaturale si mescolano, si scontrano, si confondono. Ogni quadro, ogni ambientazione è riprodotta con un suggestivo art design che ricalca le xilografie del XV e XVI secolo di artisti come Albrecht Dürer e Jost de Negker. Personaggi e animali, così come edifici e strutture, ricordano da vicino raffigurazioni e rappresentazioni dell’epoca medievale, caratteristica facilmente ravvisabile soprattutto nelle proporzioni, tutt’altro che realistiche e regolate da principi matematici.
Complice la colonna sonora, davvero ispirata per quanto composta da poche tracce, l’epopea di Harry si rivela un viaggio stimolante, a suo modo ipnotico, grottesco e insieme deprimente. Scene di tortura, cadaveri ammassati, corpi mutilati sono all’ordine del giorno, uno spettacolo spesso raccapricciante che non mancherà di gettare una luce ancora più sinistra su certe interpretazioni del Medioevo.
Sul fronte ludico il titolo regge il colpo, nonostante la complessità degli enigmi proposti sia piuttosto irrisoria. Ogni schermata è un puzzle a sé stante, in cui tutti gli oggetti che raccoglierete, ogni elemento con cui potrete interagire, servono esclusivamente e direttamente per poter accedere all’ambientazione successiva. Non mancano prove particolarmente impegnative, ma in generale il titolo offre meccaniche tutt’altro che originali e memorabili. I più esperti faranno davvero poca fatica a giungere alla ventitreesima schermata, approdo finale dell’avventura.
[caption id="attachment_183469" align="aligncenter" width="1000"] Il gioco propone due finali, molto differenti tra loro, a seconda di una minuscola, e apparentemente superficiale, decisione che dovrete prendere ad un certo punto dell’avventura.[/caption]
In questo senso, anche la longevità rappresenta un punto debole della produzione. Due, tre ore al massimo sono più che sufficienti per completare il gioco, un lasso di tempo non propriamente in linea con il genere di riferimento, già di per sé spesso contenuto.
Apocalipsis: Harry at the End of the World è un titolo estremamente interessante, assolutamente indicato da chi è attratto dal periodo storico tirato in ballo e non si fa problemi ad affrontare tematiche tutt’altro che leggere come la guerra, le pestilenze, la tortura, la religione. Non è un gioco perfetto, per i più smaliziati sarà un gioco da ragazzi completare ogni puzzle, ma è sicuramente un’esperienza dotata di carattere, capace di proporre qualcosa di davvero mai visto prima sotto il profilo artistico.