Apes Revolution - Il Pianeta delle Scimmie, la recensione [2]

Secondo capitolo molto diverso dal primo ma più rigoroso e preciso. Con un attacco fenomenale e un finale sorprendente alza il tiro della serie

Critico e giornalista cinematografico


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I film seguono strutture fisse, specie quelli americani, e noi conosciamo già quelle strutture, per questo è così facile e così piacevole guardarli, anche quando non sono granchè, perchè sappiamo cosa arriverà e c'è un sottile piacere nella ripetizione di ciò che conosciamo. Per la stessa ragione qualsiasi variazione dalle strutture note è significativa, una mossa dotata di senso in sè e un'indicazione non da poco.

Ecco perchè nel finale di Apes Revolution una piccola sterzata rispetto a quanto ci si sarebbe aspettati visti gli eventi molto canonici succedutisi fino a quel momento ha una grande importanza. [POSSIBILE SPOILER] Gli ideali e la dirittura morale sbandierati dal personaggio più retto in assoluto lungo tutta la storia vengono traditi, senza grande clamore in scena ma con grande sorpresa tra il pubblico. [FINE POSSIBILE SPOILER]

Lo scarto è tanto più clamoroso quanto più viene in un film di grande spesa, una saga che costituisce uno dei migliori esempi di blockbuster d'avventura degli ultimi anni. Sia il primo che questo secondo film, nonostante alcuni momenti fiacchi, dimostrano un atteggiamento e una capacità di manipolare generi e strutture del cinema che li collocano ai massimi livelli di godibilità, qui in particolare Matt Reeves porta una disinvoltura decisamente maggiore con l'epica. Il racconto è quello che il cinema d'avventura (sporcato di fantascienza postapocalittica) fa sempre: la riconquista di una forma d'umanità dopo che uno sconvolgimento tecnologico sembra averla spazzata via. Solo che in questo caso a riconquistare l'umanità non sono solo gli uomini ma uomini e scimmie, ognuno a modo proprio nonostante siano in guerra. Come già accadeva con più decisione in Wall-E nel futuro distopico gli uomini sono lo sfondo e non i protagonisti.

A partire dal bellissimo inizio (una scena perfetta perchè attira con un'azione ben diretta e travolgente ma poi stringe lo spettatore in una morsa sentimentale durissima che enfatizza ogni piccolo accenno di suspense o tensione) sono le scimmie la parte empatica del film. Tutti sono in guerra, nessuno ha ragione ma nel film seguiamo solo i sentimenti delle scimmie, loro è l'arco narrativo, loro il mutamento interiore e loro subiscono le conseguenze degli eventi. Gli umani fanno da spalla e va bene così, non sono loro quelli interessanti, chiusi in caratteri molto canonici e privi di contraddizioni, con buoni buonissimi e cattivi cattivissimi. Tra le file delle scimmie digitali invece sta la complessità dei caratteri, quella componente per cui è necessaria buona scrittura e buona recitazione, che qui è tutta in performance capture e, ovviamente con il Cesare di Andy Serkis, raggiunge livelli altissimi.

Sperare in riconoscimenti grandi e importanti per attori che lavorano in un blockbuster d'azione, un popcorn movie e che tra le altre cose lo fanno senza comparire davvero ma attraverso un avatar digitale è fantascienza. Eppure dovremmo riconoscere anche con qualcosa di ufficiale quello che è il più grande mutamento tecnologico del cinema moderno, uno che sta portando (e questo film ne è la prova) anche storie diverse con protagonisti diversi.

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