Ant-Man and The Wasp, la recensione

Senza più nessun ingerenza di autori come Edgar Wright, Ant-Man & The Wasp è un classico studio movie dai Marvel Studios

Critico e giornalista cinematografico


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Si apre con un gran bel 3D che rimarrà tale, ben usato, a diversi piani, sempre evidente e impeccabile lungo tutto il resto del film (caratteristica ormai rarissima) Ant-Man and The Wasp, secondo film dedicato all’eroe che si restringe e si allarga, il primo senza nessun ombra di Edgar Wright nella scrittura. E si vede.

Ora Ant-Man ha un film 100% Marvel, sempre diretto da Peyton Reed, uno classico e convenzionale per gli studios della casa di fumetti in ogni svolta, tono e soluzione, già a partire dalle musiche. Perfettamente in linea con la forma del resto dell’universo. Si perde quella travolgente personalità che aveva il primo (nonostante la fotografia di Dante Spinotti), a favore dell’equilibrio narrativo per la quale gli studios sono noti. Il risultato è chiaramente inferiore e meno devastante ma lo stesso di ottimo livello e godibile.

Scritto dallo stesso Paul Rudd assieme alla coppia di Spider-Man Homecoming, Chris McKenna e Erik Sommers, assieme a Gabriel Ferrari e Andrew Barrer, Ant-Man and The Wasp ricalca nella trama la caratteristica chiave del personaggio. L’avventura è infatti sia gigante che mini, sia localizzata in luoghi incredibili al di là del conosciuto, pieni di mistero e possibilità inesplorate, sia tutta casalinga fatta di un gioco a nascondino tra le stanze per non sfuggire agli arresti domestici. Ant-Man è ridicolo e lo sa, ma ha anche a che fare con questioni serie e lo sa.

Con un raffazzonato collegamento agli altri film della Marvel che lascia sempre un po’ l’impressione di essersi persi un pezzo, una storia o un’apparizione, il film dà peso a Wasp tanto quanto all’eroe, come il titolo promette. Eppure, nonostante Evangeline Lily abbia la parte di trama più seria, importante e corposa, lo stesso non riesce mai a essere protagonista. È sempre spalla, l'impressione è che non abbia il carisma necessario. Il numero di scene e il numero di inquadrature è quello di chi dovrebbe lasciare il marchio sul film, l’esito no. Eroica, bravissima, infallibile e piena di risorse, Wasp è perfetta e noiosa, di contro Ant-Man è come sempre imperfetto, scemo e creativo, non sa molto e capisce ancora meno ma ha le intuizioni vincenti. Confronto impossibile da vincere.

Forse anche per questo il film (come sempre più spesso accade nelle produzioni Marvel Studios) regolarmente duplica le minacce in ogni scena singola d’azione. Alle volte gli eroi combattono due nemici contemporaneamente nella medesima colluttazione o nel medesimo inseguimento, altre invece mostrano in montaggio alternato due battaglie diverse (ma legate) che avvengono in luoghi diversi. L’idea è di avere due scene in una sola, raddoppiare lo stimolo e i movimenti da seguire come impone lo standard impossibile dei film Avengers (che l’azione la triplicano, quadruplicano, quintuplicano!). Il risultato è sempre potente e leggero al tempo stesso, il segreto Marvel, la capacità di trascinare con impeto e senza impegno. Un segreto tutto di scrittura che viene sorretto da una realizzazione tecnica costantemente inappuntabile.

Come tutto il resto del cinema può anche non piacere, di certo è molto difficile da criticare.

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