Another Year - La recensione

Un anno nella vita di un gruppo di amici, tra speranze e frustrazioni. La nuova pellicola di Mike Leigh conferma i tanti punti di forza del regista, ma non convince completamente...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Another Year
RegiaMike Leigh
Cast
Jim Broadbent, Lesley Manville, Ruth Sheen, Oliver Maltman, Peter Wight, David Bradley, Imelda Staunton
uscita

Andare a vedere un film di Mike Leigh è sempre un piacere. Impossibile infatti vedere una brutta pellicola, considerando che si oscilla tra film interessanti, buoni e capolavori. L'unica differenza è che questa distinzione è assolutamente personale, tanto che chi scrive magari apprezza enormemente Segreti e bugie e Il segreto di Vera Drake, mentre ha trovato meno interessante La felicità porta fortuna o (anche se su un livello superiore) questo Another Year.

Di sicuro, mi sembra un passo avanti rispetto alla precedente pellicola, che vedeva coinvolta un'irrefrenabile Sally Hawkins. Qui abbiamo alcuni degli aspetti migliori di Mike Leigh, per esempio la capacità di raccontare il passato con pochissimi dialoghi e minimi accenni. Insomma, per chi è interessato a diventare sceneggiatore, siamo di fronte alla solita lezione perfetta su come si creano degli antefatti senza risultare prolissi.

Poi c'è un gran lavoro sul linguaggio e gli accenti (vi direi che sono curioso di sapere come verrà adattato in italiano, ma la realtà è che non ci voglio neanche pensare e il consiglio è quando possibile di godersi il film in originale), così come un senso di malinconia e profondità che è raro trovare nel cinema di oggi. E, inutile dirlo, gli attori sono bravissimi, con una menzione speciale per Jim Broadbent, fantastico per come riesce a mettere insieme ironia e forza. Inoltre, il solito minimalismo in grado di suscitare forte curiosità verso i personaggi. In questo senso, i primi dieci minuti sono perfetti, con un'Imelda Staunton talmente interessante che avrei voluto vederla anche successivamente.

Eppure, c'è qualcosa che non mi convince del tutto. Forse, è l'impressione di un certo distacco/freddezza verso i personaggi, ma più probabilmente sono proprio i protagonisti che non mi attirano troppo. Il punto è che qui la protagonista è per 3/4 di pellicola insopportabilmente leziosa e triste. Leigh ci si concentra forse troppo, quando invece tante altre vicende sembravano essere altrettanto (se non maggiormente) stimolanti.

Lesley Manville, che aveva iniziato in ruoli minori in diversi titoli dello stesso Leigh, è sicuramente brava, ma è il tipo di bravura che non adoro, perché è fin troppo caricata ed esplicita nelle sue sensazioni (come nella sua infatuazione per un personaggio, tema su cui il regista batte talmente tanto da far venire il sospetto che consideri distratto lo spettatore medio delle sue pellicole). Di sicuro, non aiutano i tanti tic che mette in scena. Tutto questo, tuttavia, termina quando si passa all'ultima stagione della pellicola, a mio avviso la migliore.

E' qui che i vari nodi della vicenda vengono al pettine, sia grazie all'introduzione di un nuovo personaggio, sia per merito della prova differente della Manville, decisamente più limitata e contenuta. Sì, rimane una certa autoindulgenza di fondo, ma avrei preferito che questa strada fosse stata seguita per tutto il film. Una pellicola che mi piace considerare un Leigh minore, anche perché è bellissimo pensare che un titolo del genere (già notevole) possa essere superato da altri film dello stesso regista...

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