Another Life (prima stagione): la recensione

Another Life è solo un'altra serie di fantascienza che scambia lo shock visivo con l'atmosfera

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Another Life (prima stagione): la recensione

Another Life cade nello stesso equivoco di altre recenti serie tv di ambientazione spaziale come Nightflyers (la recensione) oppure Origin (la recensione). E probabilmente merita di essere indagata questa trappola di scrittura che porta ad immaginare il viaggio interstellare come un'infinita camera di tortura. Le astronavi sono prigioni di metallo lanciate tra le stelle, in costante contatto con la morte. Sono luoghi in cui nessuna caratterizzazione può mettere radici e germogliare, perché le reazioni estreme sono l'unico modo di interfacciarsi, senza meraviglia o paura, ma solo oppressione.

La trama in sé è molto semplice. Nella prima scena vediamo un'astronave a forma di nastro di Moebius che impianta sulla Terra un artefatto misterioso. Lo scienziato Erik (Justin Chatwin) indaga sul posto per carpire i segreti della costruzione, mentre sua moglie Niko (Katee Sackhoff) guida una missione tra le stelle in cerca di un contatto con gli alieni. La storyline terrestre avrebbe più punti di contatto con Incontri ravvicinati del terzo tipo – soprattutto nell'utilizzo della musica – di quanti ne avrebbe con Arrival. Quella sull'astronave invece offre minuscole variazioni sul classico horror spaziale di Alien e derivati.

Nella prima puntata qualcuno dice a Niko: "tu vuoi tornare nello spazio". Potrebbe essere un gioco con lo spettatore, che sa di trovarsi di fronte alla protagonista di Battlestar Galactica. Ma Another Life non ha nulla in comune con quel tipo di fantascienza. In dieci puntate la narrazione si mantiene molto ordinaria e episodica, quasi schematica. C'è un'emergenza molto grave a bordo che mette in pericolo la missione, e un cliffhanger che introduce la minaccia successiva. La stagione quindi rinuncia a costruire per sé una mitologia anche solo di breve periodo, rimanda spiegazioni e informazioni, si concentra solo sull'ora e adesso.

Ma tutte le minacce finiscono per somigliarsi dopo poco. Ed è sorprendente quante variazioni riesca a inventare la scrittura pur di approdare sempre alla stessa versione di realtà manipolata. Un personaggio assume una sostanza e ha delle allucinazioni, o è intrappolato in un sogno e si ritrova in uno strano viaggio nella propria coscienza, o c'è un parassita a bordo che provoca reazioni scomposte, o un computer ricostruisce la coscienza di qualcuno che non c'è più. E l'elenco non è completo. La serie non trova mai un punto fermo nel quale trovare un ritmo con il respiro dei suoi personaggi.

Perfino il primo episodio contiene in sé una serie di reazioni scomposte e violentissime che non si basano su nulla poiché nulla sappiamo dei personaggi. E c'è quel gusto malsano per la violenza grottesca, per l'accanimento sui corpi, per la distruzione dei caratteri e del loro equilibrio interno. Con un approccio di questo tipo, che passa come un rullo compressore su tutto il resto (dialoghi, atmosfera, regia) pur di ottenere uno shock visivo che comunque non riesce a raggiungere, l'empatia è solo un miraggio.

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