Another End, la recensione Berlinale 2024
Refrattario a ogni possibilità di comprensione, il protagonista di Another End è un altro essere umano afflitto da un lutto di Piero Messina
La recensione di Another End, il film di Piero Messina con Gael Garcia Bernal presentato al festival di Berlino
È tutto un contesto di fantascienza, un futuro abbastanza recente che serve unicamente a trovare una maniera per tenere il protagonista bloccato in questo stato di lutto permanente. Another End, ci tiene bene a farlo capire, non è un film fantascienza, ma uno che usa presupposti di fantascienza per fare altro. In realtà manca tutto per entrare in questo film, a partire da un intreccio (cosa che fa arrabbiare perché il film è messo in scena molto bene per il resto) e poi un protagonista interessante e complicato, uno che possa entrare in relazione con le diverse situazioni tra le quali è sballottato, apparentemente senza intenzione o agentività. È un contenitore vuoto interpretato da Gael Garcia Bernal, anche bene, come in forma sembra Berenice Bejo ,ma è chiaro che i migliori attori non possono fare il miracolo se non c’è niente a sostenere la loro recitazione.
Così lo spettatore rimane anche lui in attesa che qualcosa di significativo scateni una vera empatia, ma non avviene mai. Ritornano le sensazioni di L’attesa, il senso profondo di frustrazione dato dall’assistere a un film con una mano salda al comando che programmaticamente non vuole andare da nessuna parte ma crogiolarsi nella ripetitività, pretendendo che questa unita a un set di immagini allegoriche crei un senso. Another End, in parole povere, è un film dotato di una eccezionale fiducia nella propria capacità di coinvolgere e trasmettere un forte senso del dolore, e su quello fonda la sua essenza. Non è così, non lo riesce a trasmettere, e tutto il resto che costruisce su questo assunto crolla ben presto. Il colpo di scena finale poi mette alla prova la pazienza di chiunque.
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