Anora, la recensione | Cannes 77

Una commedia come nessuna prima, Anora rifonda il suo genere, inventa ruoli archetipici nuovi e fa vero sentimentalismo e vera commedia

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

La recensione di Anora, il film di Sean Baker con Mikey Madison e Yura Borisov presentato in concorso a Cannes

È così che si presenta una commedia che non è formulaica, cioè una che non risponde a nessuno degli schemi esistenti ma attinge a pezzi del repertorio classico unendoli in maniere inedite. Anora è una commedia sentimentale che non ha nessun interesse per personaggi e dinamiche che già abbiamo visto ma aggrega convenzioni del cinema in modo che possano interagire diversamente. Questa è una commedia sentimentale che fa bene sia i fondamentali del genere (trovare un sentimento dove non sembra possa esserci, divertire, commuovere) che il lavoro di rivedere da capo l’idea che abbiamo di commedia sentimentale. Questo è il film che prende un autore di nicchia, rimescola tutto quello che ha sperimentato e costruito nella sua carriera e (forse) lo fa esplodere ripensando un intero stile. Questo è quello che si definisce un film perfetto.

Anora è una escort di 23 anni, una ragazzina, che fa balletti erotici in un locale insieme a tante altre per mettere insieme un po’ di soldi. Un giorno nel locale arriva Ivan, 21enne russo figlio di oligarchi. Ricchissimo. Per servirlo al meglio il proprietario del locale gli manda Anora che conosce un po’ il russo, dopo lo spettacolino Ivan vuole di più. Si vedono il giorno dopo nella sua casa immensa e l’entusiasmo (e i soldi) del ragazzo sono contagiosi. Ma non basta nemmeno quello: la vuole in esclusiva per una settimana e alla fine Anora riuscirà a farsi sposare a Las Vegas. Arrivati a questo punto Sean Baker, che il film l’ha scritto e diretto, è stato così bravo da farci vedere la convenienza di Anora e anche come uno come Ivan possa perdere la testa per una ragazza sexy, intelligente, divertente e dolce. Sentimenti semplicissimi e sentimenti complicati, sullo stesso piano. Chiari.

Tutto precipita quando si viene a sapere del matrimonio e i genitori di Ivan sono furiosi, stanno venendo a New York con un aereo e intanto alcuni loro tuttofare in loco (che avrebbero dovuto controllare Ivan) se lo perdono. Capito che i genitori stanno arrivando è scappato. Loro, con Anora, girano New York per trovarlo. Quella che era una commedia sentimentale di ragazzi, l’equivalente di una produzione Netflix ma piena di sesso filmato bene, divertimento vero e sentimenti onesti in interazioni che siamo portati a scrutare per capire cosa ogni personaggio pensi, diventa Tangerine, il film del 2015 di Baker. Diventa cioè una caccia urbana, animata dalla furia di Toros, vero motore di quella parte di film, sgherro instancabile, in un continuo di risate fatte di ritmo, eventi, inventiva e trovate che hanno la furia di Diamanti grezzi e la partecipazione alle traversie individuali di una commedia italiana degli anni ‘50. Cinema muscolare, cittadino, girato con maestria ma, lo capiamo nella terza parte, scritto anche meglio.

Più avanziamo nella ricerca di Ivan, più Baker stacca su uno dei gorilla che accompagnano la ricerca. Anora è una furia, odia tutti, non vuole annullare il matrimonio, non vuole mollare quei soldi, viene costretta con la forza, ed è incontenibile, ma sta anche maturando disprezzo per Ivan che è scappato. Tutto si è trasformato in un braccio di ferro in cui l’amore non c'entra niente, c’è solo la determinazione personale di personaggi in conflitto. E il film stacca di continuo sui piani d’ascolto di questo gorilla che non interviene, è spettatore come noi. In breve diventa il termometro della storia, il film si rivolge a lui per farci capire in ogni momento la temperatura della situazione e come stiano andando le cose. A interpretarlo è uno dei migliori attori del mondo, Yura Borisov, già visto in Scompartimento n.6, e diventa il protagonista della terza parte. Anora è quindi un film che è in grado di nascondere il suo personaggio cruciale e il suo attore migliore per l’80% della sua durata, e poi giocarselo alla fine, in un pugno di scene scritte e recitate con la naturalezza del cinema europeo, fino a una chiusa in auto in cui anche i cuori di pietra si schiudono e che si situa in un punto intermedio tra cinema mainstream e d’autore (ha la soddisfazione del primo e la complessità di relazioni del secondo).

Anora è un continuo di momenti che colpiscono il pubblico da punti dai quali non si aspetta che arrivi un colpo, perché Sean Baker si rifiuta di pensare i film come gli altri, li pensa come dice lui, li fa funzionare senza seguire le solite regole, e gira con una furia elettrica. Nel farlo inventa un personaggio che non appartiene allo schema delle commedie. Quello di Yura Borisov è un ruolo che non c’è nell’impianto delle commedie, è come se venisse da un altro film e tutta la regia a un certo punto si appassionasse a lui, dirottando l’intera storia. Questo può avvenire solo in un film fatto interamente a mano, artigianato finissimo, curato in ogni singola parte, in cui ogni attore recita al suo meglio e in cui c’è Borisov, a cui alle volte bastano una risata o uno sguardo impreparato per aprire un mondo con la semplicità dei sentimenti più basilari.

Continua a leggere su BadTaste