Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald, la recensione

Senza porre molti rimedi ai problemi del film precedente Animali Fantasici: I Crimini di Grindelwald ritrova molti pregi di J. K. Rowling

Critico e giornalista cinematografico


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Quando vediamo entrare in scena Silente, voltandosi con un’enfasi che sembra far intuire che lui stesso sappia quanto sia fico essere interpretato da Jude Law (e lo è davvero!), entriamo con tutti e due i piedi nel vero genere su cui è modellato Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald: le spy story britanniche degli anni ‘30 e ‘40. Tra simboli britannici come gli autobus, la nebbia e i tetti, Silente in impermeabile e cappello introduce Newt alla trama del film, l’intreccio, i compiti e il mistero da svelare. Come in un film di spionaggio britannico gli Auror (polizia dei maghi) agiranno da agenti, viaggiando di nascosto, mascherandosi e svelando piani. Vestiti d’impermeabile anche loro, in vicoli bui e fumosi.

Purtroppo dal genere spy story I Crimini di Grindelwald importa anche un intreccio complicato. Molto del film gira intorno alla ricerca di un’identità, ma lo fa in un modo così contorto e artificiosamente confuso e fumoso da compromettere seriamente la comprensione di tutti gli eventi e le motivazioni a una prima visione. Il rilancio del mistero e lo spargere indizi sono caratteristiche vincenti della narrazione di J. K. Rowling, qui però non si tratta di mettere molliche di pane per il futuro della saga (che pure ci sono) ma di complicare quella parte di storia che si esaurirà alla fine del film, in modo da mostrare un mondo di intrighi dalla soluzione difficile. Purtroppo non lo fa benissimo e il risultato è solo un film troppo intricato.

Quel che invece scopriamo subito di positivo è che a partire dalla grande scena che apre I Crimini di Grindelwald (la clamorosa evasione di Grindelwald), Johnny Depp occupa il film con un carisma che mancava alla sua recitazione da anni. Il suo villain non ha la caratteristica teatralità di Voldemort ma un’aria grave e violenta da killer (anche quando non fa niente) e del resto incute un timore che non è quello di Voldemort (costruito da diversi libri e film in cui la sua minacciosa influenza è montata da una storia tetra) ma tutto frutto della presenza del suo attore. Non è quel che sappiamo di lui a renderlo grande, ma come ci appare e come si presenta. Grindelwald è un dittatore in divenire, spietato e dotato di una calma che lo rende un macigno al centro di ogni scena.

Questa presenza diventa cruciale perché dall’altra parte Newt Scamander non decolla mai, rimane un piccolissimo pianeta che orbita intorno a una storia che ne coinvolge tanti altri. È chiamato a essere l’eroe, in molti lo identificano come tale, gli affidano compiti eroici e gli chiedono di combattere in prima linea, eppure non riesce ad essere mai né affidabile né eroico. Questo strano protagonista da Rowling, così onesto e denso di valori positivi, non ha un vero conflitto, non è partecipe degli eventi che coinvolgono il suo mondo, non ha un proprio obiettivo forte. È un tecnico molto abile, chiamato per una consulenza in un caso difficile.
Ad avere un conflitto che lo coinvolge personalmente alla storia, scopriamo qui, è un altro personaggio che evidentemente avrà un’importanza crescente nei prossimi film e che è subito più interessante di Scamander. Anche perché è sempre più chiaro come il tema di questa saga sia la convivenza tra persone che pensano di essere diverse, nel film sono maghi e non maghi, ma è molto evidente di cosa tutto questo sia metafora.

Rispetto al primo film non migliora la direzione di Yates, corretto nei casi migliori ma non nel dirigere gli attori, che di conseguenza non brillano mai (Depp escluso). Alle volte è drammaticamente in affanno nelle scene di gruppo, come nel gran finale che ha seri problemi di gestione dello spazio. Non è mai davvero chiaro dove siano tutti i personaggi e quando lo si vede per bene l’impressione è che non stessero in quelle posizioni fino all’inquadratura precedente. Sorprendentemente anche gli effetti digitali, per la maggior parte del tempo al livello eccezionale cui devono essere, a volte rivelano fondali non all'altezza.

Nonostante tutto ciò però, a differenza del film precedente, Animali Fantastici: I Crimini Di Grindelwald è salvato dal ritorno di due doti fondamentali della scrittura di J.K. Rowling: la sua fenomenale capacità di rimando, di creare attesa e spargere indizi a ogni rivelazione in modo che ciò che veniamo a sapere invece che sanare una curiosità ne crei una ancora più grossa, e l’incredibile fantasia nell’inventare nuovi modi in cui i suoi personaggi compiono azioni normali tramite la magia, idee sempre divertenti, creative, mai viste eppure (e qui sta la vera maestria) coerenti. Abbiamo visto tante magie al cinema, ma ogni strumento o situazione magica di questo film nonostante la grande varietà ha evidentemente il carattere e lo stile del mondo di Harry Potter.

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