Andor, la recensione dei primi tre episodi
La nostra recensione dei primi tre episodi di Andor, la nuova serie di Star Wars con Diego Luna dal 21 settembre su Disney+
La recensione degli episodi 1, 2, 3 di Andor, disponibili dal 21 settembre su Disney+.
I dati di Andor
Ma procediamo con ordine, fornendo innanzitutto le coordinate della serie: il progetto di Andor è composto da due stagioni di dodici episodi ciascuna; i primi tre della stagione 1 sono disponibili a partire da mercoledì 21 settembre sulla piattaforma di Disney +, a cui seguiranno i restanti nove a cadenza settimanale. Alla guida dello show c’è Tony Gilroy, coautore dell’acclamato Rogue One: A Star Wars Story a cui questa serie deve le sue origini. Protagonista della serie è Diego Luna, che torna a vestire i panni di Cassian, affiancato da un nutrito cast tra cui spicca il veterano Stellan Skarsgård. La prima ragione coprirà circa un anno degli eventi della vita di Andor, mentre la seconda si estenderà per cinque anni che lo porteranno alla vigilia di Rogue One.
Temi e atmosfere
Sarebbe lecito pensare che, visti i natali e il film di riferimento da cui nasce il progetto, ci aspettino altre avventure nello stile e nelle tematiche già conosciute nella pellicola dedicata a Jyn Erso e al furto dei piani della Morte Nera.
Ebbene, così non è. O meglio, è così, ma su una scala così intensificata e così estremizzata che Rogue One, in confronto, apparirà come una delle più spensierate avventure di Jango e Grogu. Si resta frastornati, addirittura spaesati, dalla storia che va in scena nei primi tre episodi di Andor, una storia di cui vale la pena analizzare subito gli elementi portanti.
Una galassia allo stremo
Le atmosfere di Andor sono cupe e opprimenti. Non nel senso “Sith” del termine (la Forza, in tutte le sue accezioni, è più lontana che mai dalle vicende di Andor), bensì in quelle grigie e senza speranza in cui vive la popolazione di Morlana, un sistema destinato a restare impresso come simbolo della vita della popolazione comune sotto il dominio Imperiale. La serie fa un lavoro straordinario nel coinvolgerci e nel farci vivere da vicino la triste routine di un pianeta industriale asservito alla macchina bellica Imperiale, dove la gente si trascina stancamente da una giornata all’altra, a volte vivendo di espedienti, a volte rassegnandosi al duro lavoro e a una vita senza orizzonti. Ci sono momenti in cui le atmosfere alienanti della vita su Morlana richiamano quelle di Twin Peaks, di X-Files o di Lost, complice anche una colonna sonora totalmente incentrata sul mood, e che regala ben poco in termini di temi esaltanti o di azione sfrenata che siamo abituati ad associare alle nostre tradizionali scorribande starwarsiane.
Meno azione, più approfondimento
Le cose potrebbero cambiare negli episodi a venire, ma almeno nel trittico iniziale, le scene d’azione sono compattate e concentrate in pochi momenti ben precisi. Non pensiamo di sbagliarci troppo se ne ricordiamo una a episodio, o poco più. Il resto è lasciato alla costruzione del mondo e delle trame e all’approfondimento dei personaggi. Dialoghi che si prendono i loro tempi, spesso tesi e inquietanti, che umanizzano e rendono reali tutti i personaggi della vicenda. Anche quelli che nelle altre produzioni sarebbero stati avversari da videogames, come i soldati corporativi (futuri assaltatori), hanno tratti che li umanizzano e una storia che si sviluppa, dallo zelante secondo in comando ancora attaccato a certi ideali al cinico e disilluso ufficiale superiore, fino al sergente che smania per esercitare il potere che pensa di detenere.
Una storia che va per la sua strada
E questo ci porta al cuore di questa produzione. Da tutti gli elementi succitati appare chiaro più che mai che Andor ha un solo obiettivo, che persegue con coraggio e determinazione granitica: quello di raccontare la propria storia come si deve e fino in fondo, ignorando ogni digressione e ogni concessione che non sia funzionale alla stessa. Niente easter eggs, niente comparsate, niente ammiccamenti o forzature, non c’è traccia del famigerato ‘fan service’. Siamo nella galassia di Star Wars, e tutti i capisaldi dell’ambientazione sono rispettati, eppure siamo in un mondo così realistico, così crudo e così ferreo che si fa fatica a credere di trovarsi nello stesso universo di Gungan, Ewok e Porg. Questa “libertà” tematica si rivela una benedizione anche a livello visivo e registico. Scenari, inquadrature e ritmi sono maestosi e avvincenti, strizzando spesso l’occhio a visioni come quelle di Blade Runner, Matrix o altri mondi distopici dove la dimensione umana è oppressa o ignorata.
Intendiamoci: dietro questo stile narrativo, mai visto prima in Star Wars e al primo impatto alquanto abbacinante, si intravedono comunque i capisaldi di una “storia di formazione”: il giovane Cassian è un ladruncolo sbandato (anche se con una missione personale da portare avanti) che vive di espedienti e finisce in una brutta situazione; proprio in quel momento entrerà nella sua vita la figura di un potenziale mentore (con tutti i “sé” che è doveroso applicare a una storia dove le sfumature di grigio imperano) e da lì “muoverà i suoi primi passi in un mondo più vasto”.
Echi del mondo reale?
Se volessimo addentrarci in territori più complessi, potremmo perfino dire che Andor è la produzione di Star Wars più legata all’epoca che viviamo nel mondo reale. Una saga come quella di Star Wars che attraversa vari decenni è spesso stata espressione, se non altro per osmosi, del sentire comune e dei temi più forti che segnavano i corrispettivi anni nel mondo reale. Se la trilogia classica era un’impeccabile incarnazione del desiderio di tornare a sognare e ad avere ideali dopo un decennio plumbeo come quello degli anni 70, Andor sembra in molte occasioni rispecchiare, anche se con la massima delicatezza, sensazioni come quelle che gli spettatori di tutto il mondo hanno vissuto in questi anni, dall’isolamento della pandemia all’incertezza che crisi e venti di guerra impongono alle nostre vite, ma si tratta di una chiave di lettura molto personale che ogni spettatore potrà sperimentare e decifrare a modo suo. Ci limiteremo a dire, questo sì, che Andor è una serie con un’anima, e che riesce a stabilire un tacito legame con il suo pubblico non tanto e non solo nelle vicende del protagonista, quanto nelle pennellate forti e drammatiche con cui dipinge il mondo intorno a lui.
Conclusione
Iniziando a tirare le somme, potremmo dire che Andor è l’esperimento più audace e interessante della produzione starwarsiana di questi ultimi anni: dello Star Wars classico usa gli elementi più universali come l’ambientazione, il periodo storico e gli stilemi visivi. Posti questi capisaldi, si lancia in un racconto che utilizza stili, atmosfere e meccaniche mai viste prima in Star Wars e promette di arricchire un universo dove gli echi di storie già vissute iniziavano ad apparire ingombranti con qualcosa di nuovo e di audace. Qualcosa che lascerà il segno. Qualcosa di cui lo Star Wars odierno aveva molto bisogno.
Ci sarà anche chi non si lascerà sedurre da questo nuovo Star Wars adulto, cupo e disperato. Legittimo, perché a volte la mancanza di qualche momento più leggero si sente. La risposta alla domanda iniziale va quindi riformulata: conta fino a un certo punto se Andor sia un’ottima serie di Star Wars oppure no. Conta che sia un’ottima serie, punto. I linguaggi, le tecniche, gli stili delle migliori produzioni seriali di questi ultimi anni sono finalmente entrati in una galassia lontana lontana. E da oggi, Star Wars è un universo più ricco e intrigante.