Andor 1x09, la recensione

Sale la tensione in quello che è l'episodio centrale della "trilogia carceraria" nella prima stagione di Andor. La nostra recensione

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Per “leggere” a dovere il nono capitolo di Andor è opportuno tenere a mente quanto dichiarato dagli showrunner a tempo debito a proposito della struttura narrativa della serie: tre archi narrativi da tre episodi ciascuno (1-3, 4-6 e 8-10, con il 7 a fare da interludio a sé stante), per dedicare gli episodi 11 e 12 al finale di stagione.

Tra gli orrori di Narkina 5

Stando a questa mappa, l’episodio 9 si pone quindi come episodio centrale della “trilogia carceraria”, un viaggio allucinante e soffocante che trascina Cassian nelle viscere del sistema penitenziario Imperiale. Ancora una volta, il tema trattato è un grande classico delle spy-stories, la permanenza e la sopravvivenza in un carcere di massima sicurezza, con tutte le sue angherie, i suoi soprusi e le condizioni di vita inumane dell’occorrenza (ci sono in questi episodi echi di Papillon, di Fuga da Alcatraz e di altri classici del filone). Ancora una volta, Andor imprime una sua interpretazione personale al tema trattato, rincarando la dose e facendoci scoprire assieme al protagonista che i molti orrori “fisici” e tangibili del carcere di Narkina 5 sono poca cosa di fronte agli orrori concettuali che si nascondono dietro le quinte: la speranza di scontare la propria pena e di tornare al mondo civile è solo un’illusione creata ad arte per tenere buoni i carcerati, e chi dovrebbe finalmente lasciare il carcere viene in realtà soltanto trasferito in un altro settore, o nel peggiore dei casi, eliminato.

Inizia ad affiorare l’unicità di Cassian nell’ambiente carcerario: là dove il resto dei detenuti è rassegnato o disilluso dalla situazione e piega il capo senza reagire ai soprusi del sistema carcerario, Andor inizia a notare le crepe, a far leva sui punti deboli e a pensare a una fuga. In questo, il nono episodio è molto simile al quinto: la trama vera e propria procede lentamente e la sceneggiatura lavora soprattutto allo scopo di accumulare la tensione in previsione dell’esplosione destinata ad avvenire nel capitolo finale di questa mini-trilogia.

La Gabbia Dorata di Coruscant

Se però l’apparente impotenza e l’impossibilità di fare progressi giocano a favore dell’ambientazione carceraria, facendoci vivere assieme a Cassian e agli altri detenuti la frustrazione e l’impossibilità di reagire in alcun modo alla vita da incubo che l’ambiente impone, il peso della staticità inizia a farsi sentire di più sulle altre trame portate avanti in parallelo. su Coruscant, Mon Mothma continua a muoversi tra scenari dorati e dialoghi sussurrati nell’impotenza di fare quello che vorrebbe per favorire la causa ribelle e nel pericolo di essere scoperta: una situazione tesa e interessante, ma che ormai si protrae da numerosi episodi senza sviluppi tangibili. A salvare questa trama basta Genevieve O’Reilly, che continua a offrire un’interpretazione straordinaria di Mon Mothma che combina nobiltà, eleganza, tristezza, rassegnazione e ostinazione (splendida e tristemente vicina al mondo reale la scena in Senato in cui tenta di scuotere gli animi di fronte alle crescenti ingiustizie del sistema Imperiale ottenendo come reazione solo grida di protesta o senatori che le voltano le spalle e se ne vanno).

Imperiali in ascesa e in disgrazia

Dire invece che la trama di Syril Carn ristagna sarebbe usare un eufemismo: l’ex-ufficiale corporativo si esibisce ancora una volta in siparietti domestici con la madre opprimente, tentativi di recuperare il ruolo di un tempo e approcci avventati nei confronti di Dedra Meero che lo lasciano esattamente dove l’avevamo trovato per l’ennesima volta. Sicuramente Carn ha ancora qualcosa da dire e da fare nell’ambito della storia, ma la sua ‘fagocitazione’ nei meandri della burocrazia Imperiale e i suoi tentativi di riemergerne potevano forse essere raccontati con più vigore. Sospendiamo il giudizio in attesa di scoprire dove e come la sua storia convergerà con quella del protagonista, ma tra tutte le vicende trattate, la sua è forse al momento quella che coinvolge di meno.Per un Syril che arranca abbiamo però una Dedra Meero che svetta, imponendosi ormai di fatto per quella che sarà la villain portante della serie: la perseveranza e la crudeltà delle sue ricerche iniziano a dare frutti e la caccia a Cassian e agli altri capi Ribelli è pericolosamente vicina al traguardo. Cassian potrebbe fuggire dalla prigione di Narkina 5 soltanto per ritrovarsi braccato dalle forze dell’ISB in quello che si prospetta come un faccia a faccia finale ad alta tensione.

Conclusione

Riassumendo: un altro episodio di preparazione che si preoccupa principalmente di accumulare la tensione in attesa del trittico finale. Come già è accaduto in altri casi analoghi, richiede uno sforzo in più di pazienza da parte dello spettatore per preparare a dovere il terreno degli sviluppi futuri. Attori, sceneggiatura e atmosfere ormai consolidati rendono comunque il viaggio nei meandri più nascosti dell’Impero interessante, anche se forse ci troviamo nella ‘darkest hour’ di tutti i protagonisti coinvolti. Speranza e riscatto sembrano essere arrivati al minimo e il tempo della risalita e della rivolta ormai incombe. Quando arriverà, sarà anche grazie a episodi opprimenti come questo che risulterà più esaltante.

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