Andor 1x08, la recensione
La recensione dell'ottavo episodio di Andor, che inizia a porre le basi per un finale epico e denso di pathos
Arrivati all’ottavo episodio, è giunta l’ora di affrontare il proverbiale “elefante nella stanza” di Andor, nel senso buono del termine. Andor è molte cose: uno Star Wars maturo e sofisticato, una serie anomala, una spy story mista a scenari di guerra e thriller, e così via. Ma prima di ogni altra cosa è una riflessione sulla dittatura e sulla resistenza. Era già apparso chiaramente in molti tratti degli episodi precedenti, ma diventa più chiaro che mai nell’ultimo episodio, Narkina 5.
Una Prigione da Incubo
Il grosso della puntata è ambientato sul mondo prigione di Narkina 5, dove viviamo assieme a Cassian la progressiva disumanizzazione dei detenuti, annientati e asserviti alle spietate meccaniche di produzione e rendimento della catena di montaggio Imperiale, e già basterebbe questo per capire come la galassia lontana lontana sia in realtà molto vicina, rievocando, anche se “vestiti” in salsa starwasiana, gli orrori dei campi di lavoro del secolo scorso. Del resto è inutile girarci intorno: l’Impero di Star Wars è sempre stato ispirato per sommi capi alla dittatura nazista. Gli aspetti più disturbanti di quella lettura, tuttavia, erano sempre stati spinti fuori scena: gli assaltatori erano più assimilabili ai nemici di un videogame, ostacoli temporanei incapaci di nuocere e facili da eliminare, e destino analogo spettava agli ufficiali Imperiali, relegati a qualche sporadica dichiarazione d’arroganza che veniva invariabilmente punita dagli eventi, dai Ribelli o dai superiori stessi.
Una Ribellione Sofferta
Tuttavia, se la condanna della macchina Imperiale è spietata e assoluta, la narrazione non fa sconti alla ventura Ribellione. Nelle sottotrame parallele portate avanti da Luthen e non Mothma gli sforzi dei due architetti concettuali non trovano esiti soddisfacenti e anzi ancora una volta si ritrovano in contrasto. A questo si aggiunge ora la visione estremista del ritrovato Saw Gerrera, che in una sequenza spietata elenca una serie di nomi tanto altisonanti quando irreali a dimostrazione di quanto i piccoli embrioni di protesta siano frammentati, irrilevanti e futili. Sarà questa la vera sfida che Mon Mothma si troverà ad affrontare ed è palpabile la tensione nell’aria di fronte alla sfida che le permetterà di trasformare i contestatori separati in un’unica Alleanza Ribelle. A volte sembra che la progressione della linea narrativa di Mon Mothma sia lenta e frustrante, ma probabilmente il tutto è funzionale alla maggiore potenza che l’atto di nascita della Ribellione avrà quando il punto di rottura sarà finalmente raggiunto.
Il Cuore della Resistenza
Tuttavia, mentre madri fondatrici, teorici ed estremisti brancolano nel buio, è al livello basso, quello popolare, che le cose iniziano a smuoversi: la cattura di Bix, assieme alle angherie subite da Cassian, accelerano il punto di rottura dal basso (lo stesso si potrebbe dire accada nell’Impero, dove sono le intuizioni di Mero e perfino l’ostinazione di Syril a sollecitare la convergenza in uno scontro aperto. Ancora una volta, per l’ultima purtroppo, assurge a simbolo della rivolta che verrà è Maarva, la madre adottiva di Cassian, in questo episodio nel suo stato più fragile eppure più forte, che chiude la sua esistenza con forza e coerenza nella sua ribellione personale, futile nel grande schema delle cose, eppure proprio per questo ancora più importante.
Conclusione
Con questo episodio risulta ancora più evidente che Andor è interessato a raccontare la sua storia personale senza deviazioni o concessioni al superfluo (anche l’apparizione di Saw Gerrera, che in altre produzioni avrebbe potuto limitarsi all’ennesimo easter egg di facciata, è qui perfettamente integrata alla riflessione portante sul potere e sulla resistenza al potere. Star Wars ha sempre funzionato al meglio quando il “vestito” esotico e stravagante di alieni, astronavi e tecnologie cela questioni e dilemmi molto umani e presenti. Andor continua a farlo in modo potente e diretto, e nel farlo inizia anche a porre le basi di un finale di stagione che si preannuncia denso di pathos.