And Just Like That... 1x10 "Seeing the light": la recensione
La prima stagione di And Just Like That... si conclude con un episodio con poche emozioni, qualche scelta discutibile e una storia che sembra essere stata delineata con già in mente il prossimo capitolo
Il ritorno delle protagoniste di Sex and the City, tuttavia, è più all'insegna delle ombre che della luce con tante, troppe scene scritte e ideate male, un montaggio che compie numerosi salti temporali lasciando in sospeso situazioni e storie e personaggi secondari sviluppati in modo superficiale e poco incisivo.
Le occasioni sprecate da And Just Like That...
Escludendo le scelte in fatto di look che risultano piuttosto discutibili, specialmente nel momento più emozionante della puntata in cui la protagonista rischia di essere letteralmente fagocitata dal suo outfit, la storia di Carrie (Sarah Jessica Parker) è la migliore tra quelle proposte nella decima puntata. I numerosi alti e bassi (impossibile, purtroppo, dimenticare l'episodio dell'operazione all'anca o l'improbabile primo appuntamento) non penalizzano più del dovuto l'evoluzione tratteggiata dagli autori. Nonostante i bruschi salti temporali ed elementi introdotti e poi quasi dimenticati, come l'uscita del libro della protagonista, e le dinamiche non proprio all'altezza delle aspettative con le altre protagoniste, la storia di Carrie riesce comunque a offrire un ritratto piuttosto accurato delle reazioni di chi subisce un lutto che lascia un vuoto incolmabile nella propria vita. Il personaggio, in parte anche grazie all'esperienza di Sarah Jessica Parker, risulta in più passaggi realistico e condivisibile persino quando si convince che una luce intermittente sia un modo per comunicare con l'aldilà. A suscitare particolare delusione è invece il modo in cui si sono gestite le dinamiche tra le tre amiche: pochi momenti di condivisione e sostegno, e molte incomprensioni reciproche che poco hanno aiutato a sostenere la trama. Non è quindi una sorpresa che uno dei momenti migliori del season finale sia lo scambio di messaggi tra Carrie e l'assente Samantha.
Non risulta poi particolarmente comprensibile perché, dopo aver chiesto l'aiuto delle amiche in uno dei momenti più difficili e drammatici della sua vita, la protagonista sia mostrata sola (e vestita in modo davvero discutibile) mentre dice l'addio definitivo a Mr. Big. I momenti in cui le storie delle tre amiche si intrecciano sono stati tra i migliori del progetto creato da Michael Patrick King e dispiace veramente assistere a come il feeling ormai consolidato tra le star sia andato sprecato. Lo stesso è inoltre accaduto con le presenze secondarie, vecchie e nuove, che in ogni episodio sembravano pronte a dimostrare il proprio potenziale e puntualmente hanno deluso le aspettative. La storia della Dottoressa Nya Wallace (Karen Pittman) poteva permettere di affrontare seriamente una riflessione sull'impatto nella vita dell'eventuale desiderio di avere figli, mentre quella di Seema Patel (Sarita Choudhury) è stata totalmente sprecata nelle battute finali scivolando in una banale relazione con il miliardario di turno. Dopo la malinconica uscita di scena di Stanford a causa della malattia che ci ha privati del talento e della sensibilità di Willie Garson, Anthony (Mario Cantone) ha regalato alcuni dei momenti comici più efficaci e hanno fatto davvero rimpiangere il poco spazio che gli è stato concesso, un po' come accaduto con Jonathan Groff che è stato presente solo con un incisivo cameo.
Cambiamenti più o meno giustificati
A uscire vincitrice dai dieci episodi di questo revival un po' stonato And Just Like That..., nonostante gli autori le abbiano davvero dato del materiale a tratti quasi imbarazzante, è Kristin Davis. Charlotte è rimasta se stessa, con il suo approccio un po' tradizionalista e conservatore, ma ha avuto un'evoluzione messa a confronto con le nuove generazioni e una società in cambiamento. Il personaggio non è stato stravolto come quello di Miranda e, seppur non utilizzato al massimo delle sue potenzialità, non è peggiorato rispetto al passato.
Aprire il capitolo su Miranda potrebbe dare il via a una riflessione e a commenti senza fine, ma si rischierebbe di ripetere molti dei commenti già compiuti nelle precedenti dieci settimane. Limitandosi a questo season finale, non si può che rimanere ancora più perplessi per il modo in cui è stata totalmente stravolta l'immagine di una donna in carriera che riusciva a unire la determinazione a un animo nobile. Far pronunciare a Cynthia Nixon un monologo sul (banale) diritto a cambiare non giustifica essersi rifugiati in cliché irritanti come quelli legati alla donna in crisi di mezza età con problemi di alcolismo. Ha avuto senso mostrare Miranda mentre tradisce il marito, si lascia andare alla passione mentre la sua migliore amica è convalescente nella stanza accanto, pone fine al suo matrimonio rifugiandosi nelle più banali delle scuse sulla mancanza di passione e sulla voglia di essere felice, e poi accantona i propri progetti di iniziare una nuova fase della propria vita grazie al proprio impegno solo per seguire il proprio "amore" in un'altra città? Se lo ha avuto potrebbe essere il contrario di quello sperato dagli autori perché assistere alla sua trasformazione spinge solo a riflettere su come non ci si dovrebbe comportare nei confronti di chi si ama e, soprattutto, di come il vero amore non dovrebbe mai chiedere di compiere rinunce o allontanarsi dai propri amici. Difficile capire se il risultato finale fosse quello realmente voluto dagli autori, ma il confronto con quanto veniva proposto da Sex and the City è piuttosto negativo. Sfugge inoltre alla logica la scelta di aver inserito nel finale la sequenza in cui Miranda saluta il figlio e fa una battuta sulla sua tinta di capelli, facendo perdere in pochi secondi il significato della sua precedente scelta di accettare senza particolari problemi i cambiamenti del tempo sul suo aspetto fisico. Compiere una svolta in netto contrasto con il proprio passato per adeguarsi improvvisamente a una società all'insegna della diversità e dell'inclusività non dovrebbe però portare a un radicale cambiamento che mette in discussione il percorso compiuto fino a quel momento all'insegna di determinazione, capacità di compiere dei compromessi per amore e capacità di ricominciare per avere nuovi stimoli professionali. Non c'è alcun dubbio che ogni individuo abbia il diritto di scegliere liberamente e compiere sbagli, in una serie tv si dovrebbe però essere in grado di gettare le basi per rendere il momento dell'inizio di una nuova fase totalmente inedita credibile e, per quanto possibile, in grado di spingere gli spettatori a immedesimarsi o empatizzare per i protagonisti. And Just Like That... non lo fa e, al contrario, prova a giustificare tutto con l'ormai sorpassato concetto di "seguire il proprio cuore" in modo totalmente miope, nemmeno la storia fosse ambientata in una dimensione fantasy. A tratti sembra quasi che gli sceneggiatori si siano impegnati più del dovuto nel rendere Che (Sara Ramirez), tratteggiata usando ogni possibile stereotipo, quasi la villain della storia e non l'eroina che porta alla vera autoconsapevolezza di Miranda.
La storia di Carrie Bradshaw è destinata a continuare, rischiando però di mettere in ombra il valore avuto nella storia della serialità televisiva proseguendo il proprio percorso senza particolare ispirazione e motivazione.