Anche Senza Di Te, la recensione
Costruito su un'idea posticcia di dolcezza e con l'aggravante dell'uso spregiudicato dei bambini, Anche Senza Di Te riesce a far recitare male anche gli esperti caratteristi
In questa storia molto ordinaria di una donna che sta per sposarsi e sempre di più si rende conto che l’uomo con cui dovrebbe farlo è un coacervo di egoismo e mentalità retrograda (a vederlo ci si chiede come sia possibile che se ne accorga ora), mentre stringe un legame più forte con un collega professore elementare come lei, si inseriscono i bambini della scuola in cui i due lavorano.
Non c’è infatti niente di più bieco dell’uso spregiudicato dei bambini teneri al cinema (o in televisione) e Anche Senza di Te affianca il nascere di un amore a continue spallate al bene dei bambini, ai loro sguardi teneri e alle piccole frasi di dolce assurdità. Quanto peggio lo fa con una direzione degli attori terribile a cui si affianca la recitazione flebile di suo dei suddetti bambini. Tutti in questo film, anche i più esperti e affidabili caratteristi come Lele Vannoli e a ruota i protagonisti Nicolas Vaporidis e Myriam Catania, recitano al di sotto del loro standard, in una catena di enfasi sbagliate, toni sballati e totale falsità che sembra quasi impossibile.
Non bastava infatti aver scritto una storia mediamente banale con l’aggravante da ergastolo della dichiarazione da parte di ogni personaggio dei propri sentimenti e delle proprie intenzioni, Anche Senza di Te (scritto dallo stesso regista Francesco Bonelli assieme a Valentina Mezzacapa, Claudio Dedola e Sara Perrucci) aggiunge un ulteriore strato di melassa e faccette tristi di bimbi. Non bastava una backstory del protagonista con morte della moglie e vita assieme al tenero padre di lei, non bastavano le notti a guardare le stelle in cielo, ci volevano anche i bambini con gli sfoghi sulla pelle e i problemi di stress da curare e amare.