Amiche da Morire, la recensione

La prima sorpresa della stagione cinematografica italiana. L'esordiente Giorgia Farina dirige uno script co-scritto con Fabio Bonifacci di nuovo all'altezza del suo nome...

Critico e giornalista cinematografico


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Era da tempo che Fabio Bonifacci non tornava ad uno script degno del proprio nome. L'autore di E allora mambo!, di Amore bugie e calcetto e di Lezioni di cioccolato aveva navigato in progetti più o meno sensati, portando le sue doti su film insalvabili resi appena sufficienti dal proprio senso di profonda decenza.

Con questo film, scritto in coppia con la regista esordiente, torna a scrivere film come sa fare, dotato della sua capacità non solo di inventare situazioni divertenti ma anche di orchestrare un racconto che, più in grande, sappia giocare con le regole del cinema e inventare forme diverse per contenuti classici e rassicuranti, attraverso atteggiamenti, movenze e toni della commedia più nobile (quella che utilizza le invenzioni, anche le più minute e puntigliose, per creare un ritmo e un mood divertiti).

Amiche da morire inizia con la Sicilia degli stereotipi del cinema italiano e con tre donne anch'esse macchiette di se stesse: la puttana di paese, la iettatrice, bruttina immaritabile e la principessina locale tanto scema quanto perfettina. Il gusto e il piacere di Bonifacci per la propria sceneggiatura però pare stare tutto nel condurre questi spunti banali verso altri lidi, senza ribaltarli o negarli, prendendosi tutto il tempo necessario per farlo.

La puttana non si redimerà (specie non grazie ad un uomo) come sarebbe d'obbligo, la bruttina non si rivelerà in grado di maritarsi con un po' di fiducia in sè (nonostante il tentativo) e la scema si rivelerà invece una figura surreale e pericolosissima, in un lento procedere verso l'assurdo. Il film stesso inoltre non cerca quasi mai la presa in giro dei costumi regionali (nonostante il contesto sembri suggerirlo) e sfrutta invece i meccanismi narrativi e comici dell'avidità umana e del cinismo come volesse essere una commedia spagnola.

Amiche da morire è insomma cinema serio e raffinato, che non cerca di elevare se stesso con i mezzucci del cinema italiano, con le facili metafore, gli attacchi al sistema all'acqua di rose, la trasgressione da tinello o la satira politica più innocua possibile, ma che punta sulla forma del racconto più che sul suo contenuto.

In tutto ciò molto del merito va anche a Giorgia Farina, brava non solo a gestire ritmi e tempi ma soprattutto a dirigere 3 attrici impegnate nella parodia di loro stesse e del typecasting che subiscono. Ognuna parte dal proprio personaggio tipico e attraverso la recitazione ne trova la dimensione più impensabile. Sulle tre è però Sabrina Impacciatore ad emergere davvero, la sua Crocetta è un gioiello di recitazione fisica e movimenti imprevedibilmente comici, su un corpo costantemente umiliato dagli abiti.

Che tutto questo, corredato da una locandina in tono, esca a ridosso dell'8 Marzo, è solo l'ultima dimostrazione che siamo dalle parti del cinema pensato meglio.

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