American Pie: Ancora Insieme, la recensione

Ripiegatissimo sulla nostalgia anni '90 e sui ricordi della stessa serie cui fa riferimento, questo nuovo American Pie cambia team creativo e riscopre un personaggio...

Critico e giornalista cinematografico


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Già dall'insensato anniversario che fa da pretesto alla reunion della classe del '99 (il "13° anniversario") è chiaro che stavolta alla regia e alla scrittura c'è qualcun altro. Il quarto capitolo della serie iniziata nel 1999 è anche il secondo a non essere scritto da Adam Herz, creatore dei personaggi e iniziatore con American Pie di una moda e un modo di fare commedie adolescenziali che è stata (ed è) la dominante nel cinema americano, solo da poco contrastata dal paradigma per molti versi opposto di Judd Apatow. Il primo totalmente spostato sul fisico, il secondo sul dialogo.

 

Il duo creativo dietro questa reunion è noto negli Stati Uniti (e molto meno da noi) per la serie di film comico-demenziali di Harold e Kumar, filiazioni spurie di quel filone herziano molto più virate sull'umorismo puro che sulle trovate umilianti.

E proprio l'umiliazione, il ludibrio e l'inadeguatezza, che sono la cifra distintiva di questi film, in American Pie: Ancora Insieme vengono attenuate (ma ovviamente non eliminate) a favore di un umorismo fondato sui tempi comici e i piani d'ascolto. Un passaggio fondamentale per una serie tutta sbigottimenti e sorprese spiacevoli.

Quest'ultimo film chiaramente vive di nostalgia, è scritto per far interagire i personaggi all'insegna del "come eravamo e come non siamo più" e per far rientrare in un modo o nell'altro caratteri e situazioni (nella forma del ricordo, della foto o del video) dagli altri film, che per i protagonisti sono l'equivalente dei ricordi di famiglia. In questa maniera il film si inserisce nell'incalzante revival degli anni '90 che da meno di un anno a questa parte stiamo vedendo un po' ovunque.

InsommaAmerican Pie: Ancora Insieme è tutto un "Ti ricordi quando....", tuttavia nei momenti in cui smette di guardare nello specchietto retrovisore riesce a mettere a segno esplosioni di comicità come forse non se ne sono visti nell'intera serie, per tempi ed espressività. E' evidente che Hurwitz e Schlossberg si sono innamorati del personaggio di Stifler, in cui fanno convergere tutto l'umorismo, tutte le trovate e tutto il senso ultimo dell'amarezza del ritrovarsi dopo molto tempo, del fare paragoni con un'altra età e altre aspettative sulla vita.

Un'idea che i creatori avevano sotto gli occhi da sempre ma non hanno mai davvero sfruttato...

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