American Horror Story FreakShow 4x13 "Curtain Call" (season finale): la recensione

Si chiude la quarta stagione di American Horror Story: scopriamo cosa è accaduto ai protagonisti

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Spoiler Alert
Partiamo dalle conclusioni. Credo che l'unico modo per rimettere in sesto American Horror Story sia farne una serie ancor più antologica. La serie di FX vive del delirio immediato, giocato sul momento, che diverte perché mostra qualcosa che, piaccia o meno, nessun'altra serie propone. Che funziona quando riesce a sorprendere con la sua irriverente indifferenza per la storia e i caratteri, come se si trattasse del gioco perverso di un bambino – che per comodità chiameremo R.M. – che crea storie contorte e che hanno una logica solo nella sua mente infantile, per poi a un certo punto stancarsi e rimettere tutto a posto in fretta e furia.

Quale altro senso avrebbe altrimenti il massacro estemporaneo di quasi tutti i freak dello sfortunato "Dandy's Cabinet Of Curiosities"? Giunge la fine, furiosa e senza speranza, per quasi tutti gli orrendi protagonisti – giudizio di tipo morale e non estetico – e per il loro carnefice, che dopo averne compiute di terribili e oltre, riceve infine la giusta punizione. E noi siamo lì, in mezzo al pubblico di tre (facciamo quattro) persone pronte ad assistere alla sua fine, godendo della violenza fine a se stessa. A quel punto, dopo aver tagliato bruscamente tutti i ponti con il passato, siamo pronti a guardare avanti, con un epilogo lontano nel puro stile della serie, che ritorna alla protagonista Elsa e che giustifica quanto avevamo già visto nel futuro di Pepper in Orphans.

Tutto scivola ben presto nel doppio omaggio. Il primo, meno interessante e giustificato, anche dato il livello mediocre della stagione, che il Freak Show fa a se stesso, con il ritorno di tutti i protagonisti e i personaggi sovrannaturali (ma quanto è stato sbagliato far uscire di scena Twisty?), il secondo, più sentito e quasi dovuto, a Jessica Lange e a ciò che ha rappresentato per questa serie, in quella che probabilmente è stata la sua ultima apparizione nello show. In quello che è chiaramente un finale spezzato in due, tutte le storyline trovano il loro sbocco, in alcuni casi prevedibile, in altri no, ma generalmente nell'indifferenza di chi si accorge di essere arrivato alla fine di una storia ben poco lineare e comprensibile.

Che non sarebbe un male di per sé. Vogliamo trascinare tutto in delirio illogico e terrificante? Ben venga, ma ne deve valere la pena. E dalla fine di Asylum, anche facendo probabilmente un passo in avanti rispetto a Coven, American Horror Story non ha mai dato l'impressione di valerne la pena. Tanto trash, splatter e personaggi su personaggi ammucchiati, ma alla fine, dopo la veloce dipartita del clown pazzo, gli unici sprazzi di interesse li ha regalati Dandy, con un Finn Wittrock capace di sostenere il peso di una serie ormai con il fiato corto. Sembra un po' troppo a quel punto pretendere commozione e coinvolgimento emotivo di fronte ad un finale che "vorrebbe ma semplicemente non può".

Allora che si prenda quello ciò che rimane della bella ambientazione americana, di quest'horror che esiste solo nel titolo della serie, di questa storia che manca di un nucleo centrale, e si faccia una serie composta da episodi autoconclusivi e slegati tra loro.

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