American Horror Story: Cult 7x01 "Election Night"/7x02 "Don't Be Afraid of the Dark": la recensione
La recensione dei primi due episodi della settima stagione di American Horror Story, intitolata Cult e influenzata dalla presidenza Trump
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A proposito di candidati, la serie di apre con il dibattito sulle presidenziali americane. Trump vs. Clinton, e i due mattatori assoluti della serie, Evan Peters e Sarah Paulson, rispettivamente impegnati a sostenere con i loro personaggi l'uno o l'altro politico. All'annuncio della vittoria del candidato repubblicano Ally (Paulson), scoppia in una crisi di pianto, e non sarà decisamente l'ultima dei primi due episodi. Il clima di tragedia incombente e realizzatasi, quasi in un contesto da fine del mondo, ci dice in qualche modo che la storia horror americana quest'anno non avrebbe nemmeno bisogno di elementi sovrannaturali. Ci penseranno un mucchio di terribili clown, tra i quali spicca la vecchia conoscenza Twisty a veicolare la paura.
L'ondata antitrump investe da almeno un anno a questa parte il palinsesto televisivo, ma non è questa la sede per approfondire l'argomento. Ciò che emerge fin dal primo istante è la foga con cui American Horror Story si getta nel fuoco della protesta, forte della ricerca dell'appoggio di un pubblico che probabilmente la penserà allo stesso modo. Non c'è profondità o conflitto o quantomeno provocazione – quella non dovrebbe mancare mai – nella presentazione di una visione scellerata dell'agone politico che può essere condivisibile, ma che non può reggere da sola una storia.
L'orrore semplicemente non esiste, e la storia sembra andare avanti per bozzetti sconnessi. Per quanto siano condivisibili, non bastano alcuni temi accennati per portare avanti una storia. Alla settima stagione, è difficile aver fiducia nel futuro dell'annata.