American Horror Story: Cult 7x04 "11/9": la recensione

La recensione del quarto episodio di American Horror Story, intitolato 11/9, che si focalizza sul personaggio di Kai

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Spoiler Alert
Data la lettura fortemente simbolica della stagione attuale di American Horror Story, ogni personaggio rappresenta non solo se stesso, ma in qualche modo l'ambiente che ha portato al risultato noto delle presidenziali. Ogni attore in gioco, perfino il più insospettabile, diventa quindi strumento egli stesso di un clima di odio, paura, insofferenza, che conduce alle azioni più errate. In 11/9, quarto episodio di Cult, Kai è il catalizzatore di tutto ciò, l'elemento che giunge dal nulla a raccogliere le istanze di una società civile allo sbando, in cui nulla ha alcun valore. American Horror Story ci racconta tutto questo in un episodio flashback diviso in tre parti distinte.

Tutto inizia proprio la sera del voto, mostrandoci apertamente il momento della scelta, spesso giocando sul cambio di idea di qualcuno. A quel punto si vola indietro e viene raccontato il modo in cui, scena dopo scena, Kai ha intessuto le relazioni con personaggi che cercavano solo un leader attraverso il quale sfogarsi. Gli elementi del cultismo sono quindi molto presenti, nell'obbedienza cieca, nello sfruttamento completo degli adepti, nella paura che muove ognuno di loro. Le parentesi narrative si fanno sempre più stringenti e legate tra di loro, riallineandosi infine al piano narrativo presente, e raccontandoci nel frattempo qualcosa di più sui personaggi.

Scopriamo come Kai ha reclutato Harrison, approfittando di un momento di sbandamento di questo, poi vediamo avvicinarsi la giornalista Beverly Hope, e infine addirittura Ivy che entra in contatto con Winter. Quindi le due si conoscevano, e il momento del tradimento di Ally assume un nuovo valore, forse più profondo, anche se bisognerà capire il grado di coinvolgimento di Ivy. Ciò che colpisce è l'appartenenza per vari motivi di tutti questi personaggi a categorie “deboli”. Normalmente non ci faremmo caso, come è giusto che sia, ma qui come la scorsa settimana la scrittura sembra voler costruire un'idea di malessere trasversale, che può colpire chiunque nella società.

E che, nel fare questo, fa il giro completo e distrugge quelle stesse categorie su cui la contrapposizione normale dovrebbe essere basata. Abbiamo Emma Roberts che fa una breve apparizione, con la scrittura che gioca con il volto noto salvo poi tagliarlo immediatamente fuori dalla stagione. Tutto rimane molto sopra le righe, e l'idea veicolante il tutto ha sempre più senso e più interesse della trama in sé. La mancanza delle urla di Ally, e in generale il fatto che il personaggio sia relegato sullo sfondo, rendono 11/9 il miglior episodio dei quattro andati in onda finora.

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