American Horror Story non
salta lo squalo, casomai è lo squalo a saltare la serie.
The Replacements, terzo episodio di
Coven, parla, fra i tantissimi eventi surreali da cui è invasa la puntata, di cambiamento, della difficoltà di accettare il passaggio del tempo, il mutare dei ruoli, la difficoltà di adattarsi a tutto ciò che è soggetto a mutamento. Ciò accomuna
Fiona (Jessica Lange) e
Madame LaLaurie (Kathy Bates), divise da quasi due secoli ma unite dall'essere testimoni di un presente che non è più il loro. La loro doppia reazione è interessante, ma ancor più lo è proiettare questo discorso sulla creatura di
Ryan Murphy. Dopo due annate decisamente imperfette, ma anche affascinanti,
American Horror Story si aggrappa con tutte le proprie forze per non perdere il ruolo ottenuto con fatica. Alla terza puntata, l'esito di questo tentativo è ancora incerto.
Solo a fare l'elenco dei deliri racchiusi in questi cinquanta minuti ci sarebbe da restare ammutoliti come il Minotauro, Kylenstein o Spalding (il devoto servo di Fiona che assomiglia a Riff Raff). A complicare il tutto la tendenza tipica della serie ad una narrazione che si dipana attraverso un numero notevole di storyline, ognuna slegata dall'altra e ben decisa a correre la propria folle corsa in solitaria. Certo, dopo una stagione passata tra alieni, manicomi, serial killer, mutanti e demoni, incesti e resurrezioni varie non riescono più a colpire con decisione. American Horror Story è ormai nell'attesa di se stesso, in una narrazione che più volte si arresta o sacrifica la caratterizzazione dei suoi personaggi in favore del momento shock (o trash) da piazzare al momento opportuno.
La storyline di
Zoe e
Kyle non funziona come dovrebbe. Vuoi perché affidata ai due attori meno dotati del cast, vuoi perché ricalcata su qualcosa di più o meno già visto, non colpisce, e nemmeno un paio di colpi assestati allo spettatore che coinvolgono la madre di Kyle riescono a riaccendere il nostro interesse. Per fortuna
Misty Day (
Lily Rabe) sembra possedere davvero il potere della resurrezione: quando appare sullo schermo, con il suo look stralunato e la fissazione per Stevie Nicks, la storyline improvvisamente riprende vita. In un altro contesto invece ottimo e adorabile il personaggio
Nan (Jamie Brewer).
Non convince nemmeno, e dispiace tantissimo, il personaggio di Kathy Bates. L'abbiamo aspettata per tre puntate con pazienza, ma è il momento di trarre un giudizio, e purtroppo non è positivo. Lo spaesamento di Madame LaLaurie è molto comprensibile, e la battuta su Obama strappa qualche risata, ma quello che vorremmo vedere è lo stesso terrificante personaggio dell'Ottocento. L'altro momento trash poi, quello di Queenie di fronte al minotauro, è davvero troppo oltre, anche per American Horror Story.
Cosa funziona allora? Nemmeno a dirlo, la vicenda tra passato e presente di Fiona, con la straordinaria presenza scenica di
Jessica Lange, è una costante boccata d'ossigeno che la serie può permettersi di prendere prima di rituffarsi in altre storyline meno riuscite. Probabilmente l'esito dell'episodio non sarà così sorprendente, ma colpisce, funziona, diverte lo spettatore. American Horror Story deve ripartire da questi momenti, non dalla trovata delirante e
out of character, né tantomeno da una regia che tra grandangoli e movimenti di macchina da mal di mare si dimentica di raccontare le scene, ma da una solida base di caratterizzazione dei propri personaggi.