American Horror Story 6x10 "Chapter 10" (season finale): la recensione

Si conclude la sesta stagione di American Horror Story: diversa dalle precedenti, imperfetta, ma capace di costruire ottimi episodi

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Spoiler Alert
Per caso o intenzionalmente, American Horror Story ha, o avrebbe, avuto la possibilità di imporsi come show cult. Uno di quelli che, al di là della sua riuscita o meno, riesce a polarizzare le opinioni degli spettatori, a imporsi nelle pause tra un episodio e l'altro nelle conversazioni. La sua natura antologica l'avrebbe aiutato, e lo ha aiutato almeno nelle prime due annate, quando era possibile riconoscere una certa programmazione e il valore della storia si manteneva su certi livelli. La consapevolezza, anche nello spettatore, che il cast di anno in anno si sarebbe azzerato per ripartire ancora con nuovi ruoli, lo pone in una condizione che non ha nessun'altra serie tv al momento, quella di poter fare davvero ciò che vuole con i suoi protagonisti. Al contrario, però, questa libertà comporta anche dei limiti, che negli ultimi anni la serie non ha rispettato finendo per essere travolta da se stessa.

My Roanoke Nightmare è stata una stagione particolare. Questo, già di per sé, basta a qualificarla come migliore delle precedenti. Mettiamoci anche il fatto che la seconda parte – il cosiddetto Three Days in Hell – di stagione ha riscattato le problematiche della prima, e allora è quasi d'obbligo lasciarla andare con un giudizio positivo. Stagione particolare, il che vuol dire qualcosa, dato che per certi versi questa è stata la stagione più classica dal punto di vista dell'orrore. Quasi un ritorno ideale a Murder House, con un gruppo di persone che arriva in una casa nuova, infestata da orrori pregressi, e ne paga le conseguenze scoprendo a poco a poco i misteri. L'idea metanarrativa che si fonde con il found footage ha pagato solo in certi momenti, molto derivativa, ma funzionale alla trama.

Chapter 10 allora è l'epilogo non entusiasmante quanto gli episodi che l'avevano preceduto, ma probabilmente necessario. Per la prima volta forse, American Horror Story si trova ad abbassare il ritmo. Lo fa in concomitanza con l'azzeramento del suo cast, con Lee unica sopravvissuta al massacro, che si trova a dover raccogliere accuse e a difendersi contro tutto e tutti. L'episodio è diviso in blocchi, diciamo che ne identifichiamo tre principali. Nel primo Lee si difende dall'accusa di omicidio nei confronti del marito, nel secondo si svolge l'intervista con Lana Winters (grande idea questo collegamento con Asylum), e nell'ultima c'è l'immancabile ritorno a Roanoke.

Il secondo segmento è il migliore e il più interessante. Il ritorno di "Lana Banana" (davvero, ma quanto era cult la seconda stagione?) è una boccata d'aria fresca. Si gioca con la mitologia interna della serie. Ryan Murphy ha spesso sottolineato i collegamenti tra le varie stagioni: sinceramente, rimandi un po' vaghi e senza sostanza. American Horror Story spesso fatica a costruire coerenza nell'arco di un anno, figuriamoci su più stagioni, e non basta dare lo stesso cognome a due personaggi per costruire un universo condiviso. Rimane il contentino per lo spettatore, che non può far altro che apprezzare. Sarah Paulson ancora una volta si conferma la vera anima dello show, l'unica erede possibile di Jessica Lange. Qui interpreta il terzo ruolo diverso nella stessa stagione, e il modo migliore per definire la sua bravura è il fatto che in nessun momento ci appare forzato che sia – ovviamente! – la stessa attrice che abbiamo visto negli episodi precedenti.

L'episodio in sé è il più debole della seconda cinquina. Non riusciamo a capire come Three Days in Hell sia potuto andare in onda, l'entusiasmo delle folle per il progetto My Roanoke Nightmare sembra eccessivo (noi l'abbiamo visto e sappiamo che non era così eccezionale, anzi), ma nella grande convinzione con cui la stagione veicola se stessa, come nella scena del Paleyfest, possiamo trovare una giustificazione a questi snodi narrativi. Funziona meno il legame tra Lee, Flora e una rediviva (si fa per dire) Priscilla, utile più a dare una chiusura al tutto che a rispondere a questioni aperte e interessanti. Comunque sia Lee si riappropria di un'umanità che le era stata tolta.

Nella nostra personale classifica delle stagioni di American Horror Story, My Roanoke Nightmare si posiziona al terzo posto, dopo Asylum e Murder House.

State seguendo la serie? Diteci cosa ne pensate nei commenti.

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