American Horror Story 6x08 "Chapter 8": la recensione

Si avvicina alla fine la sesta stagione di American Horror Story: la recensione dell'ottavo episodio

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Prosegue sulla scia dell'orrore tracciato la scorsa settimana American Horror Story, ormai vicino alla conclusione di questa bizzarra annata televisiva. L'incubo di Roanoke ha trovato una nuova linfa vitale nella svolta di metà stagione, e su questa la serie ha continuato a calcare la mano ancora questa settimana, con un episodio teso, avvincente, dal ritmo sempre alto. Non tutto avrà un senso nell'agire dei protagonisti, ma considerato il genere di cui stiamo parlando, va benissimo lasciare in secondo piano questo particolare aspetto e concentrarci sulle qualità della puntata, in realtà parente strettissima della precedente.

A questo proposito, non c'è molto da sottolineare in termini di novità positive o negative. La puntata funziona perché è diversa da ciò che American Horror Story è sempre stato, perché l'orrore più tangibile e meno patinato, perché le interpretazioni sono più forti, e anche i momenti e le linee di dialogo più eccessivi riescono ad essere incanalati bene nella visione oscura e graffiante che ci viene mostrata. Esempio pratico le esclamazioni davvero assurde di Audrey: "Poor Shelby! I feel like a part of me has died with her". Sarah Paulson interpreta questo doppio ruolo abbracciando del tutto un personaggio che può davvero sorprenderci e dare colore a ogni scena già vista. American Horror Story passa dal ricoprire tutto con una tonalità sgargiante, monocromatica, a queste piccole pennellate che per forza di cose risaltano di più.

Il resto è un incontro tra Paranormal Activity e Non aprite quella porta. Appunto, niente di originale, ma quest'annata una volta tanto non voleva esserlo. La morte di Shelby e Dominic funziona molto bene, soprattutto la prima. C'è brutalità e una certa violenza visiva, anche suggerita a volte, ma tanto basta. In tanto movimento frenetico, a risaltare è la scena più pacata e statica dal punto di vista registico che vede contrapporsi Lee e uno dei cannibali, che tanto vorrebbe apparire in televisione.

Torna questo tema dell'apparenza e della celebrità, tra personaggi che ringraziano i loro fan come testamento, altri che volevano solo avere la possibilità di girare uno spin-off, altri ancora che si lamentano per come sono stati interpretati e non riescono a distinguere tra attore e personaggio reale. Il nome di Sidney viene invocato ancora e ancora, ma naturalmente non c'è nessuno a rispondere, solo una mano invisibile, che come in qualunque altro found-footage non vedremo, che ha raccolto pazientemente le mille fonti visive per riunirle e creare un prodotto integro.

Continua a leggere su BadTaste