American Horror Story 2x01, "Welcome to Briarcliff": la recensione
La premiere di American Horror Story: Asylum era sicuramente una delle più attese di quest'autunno: ecco cosa ne pensiamo!
La premiere di American Horror Story: Asylum era sicuramente una delle più attese di quest'autunno.
Complice una spettacolare campagna virale (capace di far capire tutto dello show senza rivelare sostanzialmente niente), la seconda stagione di American Horror Story ha cominciato a vendersi fin da quest'estate come un vero e proprio evento, costruendo sull'aspettativa crescente del pubblico e sull'incessante fioccare di grandi nuovi arrivati nel cast, dal solista dei Maroon 5 Adam Levine a Ian McShane a Britne Olford di Skins.
L'episodio ci prende per mano proiettandoci in una narrazione serrata che salta con disinvoltura – e un po' di discontinuità, nonostante regista dell'episodio sia il montatore Brian Buecker – dal 1964 ai giorni nostri, senza risparmiarsi nulla.
L'architettura della storia – come nella prima stagione costruita per 90% di cliché – si bilancia bene tra nuovo e già visto, e la varia complessità dei personaggi (fantastiche Lily Rabe e Sarah Paulson) è sicuramente il più grande valore aggiunto per chi guarda, assieme ai momenti visionari un po' kitch (sister Jude che fantastica sul reverendo) che non possono mancare in un prodotto di Ryan Murphy.
In una serie in cui tutti i personaggi sembrano completamente fuori di testa, ogni tanto anche a noi viene il dubbio di non essere del tutto a posto per aver scelto di seguirla. American Horror Story: Asylum ha debuttato con un record personale di ascolti, e ci aspettiamo che continui a essere una delle più seguite e amate da un certo pubblico "di culto".
Noi continueremo a vederla (anche perché non abbiamo ancora visto Zachary Quinto)... e voi?