American Gods 2x07, "Treasure of the Sun": la recensione
Il penultimo episodio di questa stagione di American Gods è dedicato al passato di Mad Sweeney, di cui mette in luce l'antica gloria e la tragica caduta
Assieme a Laura Moon (Emily Browning), Mad Sweeney è stato l'unico personaggio a conservare sempre un proprio focus all'interno di un secondo arco di episodi spesso sfilacciato e privo della forza dirompente dimostrata dalla serie nel proprio folgorante esordio del 2017. Così come la sua bizzarra compagna di viaggio, Mad Sweeney ha continuato a essere l'ancora certa della trama, impedendo agli dei vecchi e nuovi di andare alla deriva nei mari tempestosi della fumosità narrativa. È quindi un piacere agrodolce assistere a questo episodio quasi interamente incentrato su di lui e sul suo ambiguo passato: sappiamo già come sia giunto in America grazie alla puntata gemella della prima stagione, A Prayer for Mad Sweeney, e lo vediamo ora nei panni di Lugh, un leggendario re-dio irlandese dalla forma mutevole come le versioni della sua storia.
L'episodio si concentra principalmente su Sweeney che racconta la propria storia a vari interlocutori, uno alla volta. A ogni nuovo dialogo, il leprecauno ricorda qualcosa in più su se stesso; il suo passato si rivela lentamente, attraverso frammenti incoerenti che ce lo mostrano tra le braccia di una strega o feroce guerriero primitivo armato di lancia sul campo di battaglia. Sweeney vorrebbe poter parlare della sua ferocia, della sua epopea intrisa di sangue, ma la triste verità è che si tratta di un uomo impazzito per il dolore. Sta cercando di riempire il vuoto lasciato da sua moglie Eorann (Clare McConnell) e dalla figlia Moira, e di sanare il rimpianto per un vile tradimento operato ai danni dei suoi uomini.
C'è un senso di fatalità molto ben congegnata nell'intera sequenza del duello e della morte di Sweeney, alimentato nel corso di tutta la puntata: l'inevitabilità della catastrofe si fa sempre più palpabile, ed è quasi liberatorio vedere il nostro piombare sulla lancia di Odino e morire con un sorriso beffardo sulle labbra. Finalmente, il personaggio interpretato da Schreiber assurge al ruolo che ha sempre meritato sotto la patina d'ironia strafottente che lo caratterizzava: Sweeney è più di una spalla comica, in Treasure of the Sun l'abbiamo visto nella sua piena gloria di marito, re e guerriero, con i sottili cambiamenti delle varie versioni che ha raccontato al prossimo. Una figura impressionante nel suo massimo splendore, la cui follia è orchestrata con una sensibilità vivida e a tratti struggente.
È molto difficile riuscire a capacitarsi di come American Gods possa proseguire senza Mad Sweeney, presenza centrale e spesso autentico motore dello show. Non sappiamo come la sceneggiatura della serie possa evolvere, ma a oggi il leprecauno ha praticamente retto il peso della seconda stagione sulle proprie spalle e, come dimostra questo episodio, ha lasciato un segno in quasi tutti i membri del cast. Laura, Bliquis, Wednesday, Shadow e Salim - con cui in Treasure of the Sun ha una toccante conversazione sull'amore - sono stati testimoni della fase più opaca della vita di questo antico re divino; una fase che, per quanto possa apparire come l'ombra sbiadita della gloria d'un tempo, ha fatto rifulgere American Gods con una pulsante scintilla di vita e passione.