American Gods 2x01, "House on the Rock": la recensione
La premiere di stagione di American Gods ne conferma il gusto visivo rutilante e barocco, perdendo però punti in termini di profondità
Chiariamo subito, a scanso di equivoci, che la puntata in questione è più che soddisfacente: manca forse della barocca poesia che aveva caratterizzato la prima stagione, e paga il prezzo di dover rimettere sul palco tutti i protagonisti per rinfrescare la memoria dello spettatore, ricordando inoltre a quale dei due principali schieramenti essi appartengano. Tuttavia, lo stile visivo mantiene un'assoluta coerenza con quanto apprezzato finora, seppur sostituendosi a tratti alla sostanza e diluendo le sequenze oltre il necessario.
Anche quando il ritmo rallenta sotto il peso dell'estetismo, il cast di American Gods rimane magnetico: il signor Nancy di Orlando Jones illumina la scena istantaneamente ogniqualvolta appare sullo schermo. Lo stesso vale per la conturbante Bilquis di Yetide Badaki, foriera di una gravitas regale nelle sue scene anche quando intenta al doppio gioco per Mr. World. Ricky Whittle continua ad impregnare Shadow con un avvincente senso di meraviglia e una crescente fede ora che è in grado di comprendere almeno in parte il piano di Wednesday; resta però una mera pedina in una scacchiera gigantesca, popolata di statue colossali e minacciose.
House on the Rock trae enorme beneficio dalla visita nella casa che dà il titolo all'episodio, location reale sita in Wisconsin, più bizzarra e affascinante di quasi qualsiasi set meticolosamente progettato. Sfortunatamente, dopo il tanto atteso giro sulla giostra, il "dietro le quinte" dei vecchi dei non è esteticamente sempre all'altezza delle aspettative, con una computer grafica dalla riuscita altalenante, specialmente in considerazione dell'importanza della sequenza in questione. Nulla, tuttavia, che la solida presenza delle divinità chiamate a raduno non possa correggere, conferendo al segmento narrativo una sua indiscutibile pregnanza poetica e drammatica.
L'impressione che si ha osservando questa premiere di stagione di American Gods è assimilabile a quella di un non del tutto riuscito prodotto del franchise Marvel o DC con delle più alte pretese teologiche. Seppur ancora visivamente interessante, non colma del tutto il vuoto che gli originali showrunner Fuller e Green hanno lasciato in termini di ambizione e volontà di correre rischi creativi. House on the Rock funge principalmente da reminder per ricordare al pubblico chi siano i protagonisti della serie e quali siano le loro alleanze nella guerra che verrà. Preghiamo che i futuri episodi riescano a riacquisire la magia primordiale che ha reso così attuale e magnetica la prima stagione.