American Gods 1x06, "A Murder of Gods": la recensione

Nel sesto episodio, American Gods riflette sul tema dell'identità del popolo americano attraverso l'introduzione di nuovi personaggi

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Spoiler Alert
"Non ci sono solo due Americhe: chiunque guarda la Statua della Libertà e ci vede un volto differente, anche se finisce per sgretolarsi non appena messo in discussione." Le parole di Mr. Wednesday sulla visione del Nuovo Continente da parte del suo variegato popolo illustra al meglio una delle tematiche portanti non solo di A Murder of Gods, ma dell'intera prima stagione di American Gods. Nel sesto episodio, la serie Starz pare infatti interrogarsi sin dalle prime battute sulla contraddittorietà dell'identità americana, mostrandone il volto più spietatamente violento attraverso i proiettili forgiati da Vulcano, perfettamente integratosi nella terra d'adozione e ricco convertitore della fede in un franchise portatore di morte.

Il primo delitto cui allude il titolo dell'episodio è quello di uno dei tanti Gesù cui ha già alluso Wednesday, protettore dei profughi ispanici barbaramente massacrati nel prologo della puntata ed egli stesso martire (di nuovo) di forze che sfoggiano senza vergogna di paradosso i simboli cristiani: dal rosario fieramente esibito nelle stesse mani che brandiscono fucili e pistole, fino alla croce del mirino che s'accinge a freddare una ragazza in fuga nella notte. Sebbene meno visionario, esteticamente parlando, rispetto a tutti gli altri racconti di "arrivo in America", quello di A Murder of Gods è forse tra i più incisivi nel delineare l'ipocrisia di una certa porzione di States, tanto bigotta quanto feroce.

Nella seconda parte della puntata, tuttavia, arriva la morte dello stesso Vulcano per mano di Mr. Wednesday a riequilibrare le parti; benché gli alleati di Odino, finora, non siano certo etichettabili come buoni nell'accezione tradizionale del termine, l'inclusione del dio della forgia sarebbe stata ben più difficile da mandar giù. In questo, la serie Starz sta riuscendo a creare un orizzonte etico bizzarro quanto coerente, catalizzando le simpatie dello spettatore solo su alcuni personaggi che, per ragioni sottili ma mai del tutto oscure, guadagnano se non la nostra fiducia, almeno la nostra simpatia. È il caso del terzetto male assortito che si contrappone narrativamente al duo Wednesday-Shadow, ovvero Laura Moon, Mad Sweeney e Salim, ricomparso dopo tre episodi di oblio e terzo polo di una triade dalla chimica assai accattivante.

I dubbi sull'identità dell'America sono, in piccolo, i medesimi che attraversano la mente dei protagonisti di American Gods: sia Salim che Laura sono alle prese con una nuova vita dopo una provvidenziale morte (letterale o meno) giunta a resettare il sistema di ingranaggi che li aveva ormai attanagliati senza possibilità di fuga. Interrogandosi sul proprio posto nel mondo, i due protagonisti umani della serie divengono il tramite di domande che da sempre l'uomo si pone. L'ineffabile senso della vita, tanto quanto la natura del divino, sono al centro della ricerca di Laura e Shadow ("Cosa sei tu?" chiedono rispettivamente a Wednesday e Mad Sweeney), esplicandosi spesso in modo indiretto. Se credere fermamente in qualcosa lo rende automaticamente reale, ecco il divino prendere forma - e perderla, come nel caso di Vulcano o, in modo più filosofico, del Nunyunnini della quarta puntata - per tramutarsi in una parte integrante della vita dell'uomo, facendo provare paura a coloro che, di norma, non temerebbero nulla. È forse questo uno dei molti sensi dello scambio finale di A Murder of Gods, ineditamente rasserenante e lirico, in cui Salim prega all'alba verso la Mecca in una distesa erbosa. "Dio è grande," dice l'uomo rivolgendosi a Laura, che ribatte: "La vita è grande, Salim-non-Salim." E lo è ancora di più, ora che American Gods ci sta mostrando come anche gli dèi possano essere uccisi.

American Gods

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