American Gods 1x02, "The Secret of Spoons": la recensione
Con la seconda puntata, American Gods compie i primi passi nel terreno della politica, e supera in pregi il pur notevole episodio pilota
Il secondo episodio di American Gods ha una connotazione più politica del suo predecessore, iniziando a delineare il profilo di una nazione costruita, per la stragrande maggioranza, da immigrati che ne formano il mosaico di elementi dall'incastro talvolta difficile. Il fatto che si parli, per lo più, di personaggi di natura divina non cambia la sostanza della cosa: sia Mr. Wednesday (Ian McShane) che Czernobog (Peter Stormare) e le sorelle Zorya dimostrano un attaccamento viscerale alla tradizione e un rifiuto quasi atterrito - o, alla meglio, un adattamento svogliato - alle diavolerie dell'era moderna, che si tratti di un telefonino o di una pistola per uccidere istantaneamente le mucche.
Vi è, in The Secret of Spoons, una cura del dettaglio, sia in termini letterari che meramente visivi, che lo innalza persino al di sopra del pilot, più frenetico e divertito: i riferimenti qui spaziano da Edward Hopper a William Turner, da Stanley Kubrick a Ingmar Bergman, in un tripudio di commistioni atte a creare un mix unico ma coerente con sé stesso fino alla fine, carico di sottotesti riusciti e acuti. Se a questo andiamo a sommare il ventaglio di interpretazioni magnetiche che il cast continua a offrire al suo pubblico - al sempre sublime McShane vanno ad affiancarsi, con altrettanta efficacia, Gillian Anderson, Cloris Leachman e Peter Stormare in stato di grazia - il quadro d'insieme di questo secondo episodio conferma i pregi del suo predecessore, arricchendosi di elementi nuovi e più profondi che conferiscono ad American Gods un valore sociale e politico che valica il mero intrattenimento.