American Gods 1x02, "The Secret of Spoons": la recensione

Con la seconda puntata, American Gods compie i primi passi nel terreno della politica, e supera in pregi il pur notevole episodio pilota

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Spoiler Alert
Dal sangue al fuoco, le storie di "arrivo in America" mostrate all'inizio dei due episodi finora trasmessi di American Gods recano in sé il germe di una violenza di matrice divina. Dopo l'auto-imposto massacro dei vichinghi in apertura del pilot, The Secret of Spoons ci mostra altri stranieri diretti verso la terra promessa, in una situazione ben più drammatica di quanto visto nella puntata precedente; gli schiavi incatenati nella nave olandese alla fine del Seicento trovano, nelle parole canzonatorie del dio Anansi (Orlando Jones) un'ispirazione che li spinge al sacrificio di sé in nome della riconquista della libertà, seppur ormai illuminati sul perdurare della vessazione razziale per i secoli a venire.

Il secondo episodio di American Gods ha una connotazione più politica del suo predecessore, iniziando a delineare il profilo di una nazione costruita, per la stragrande maggioranza, da immigrati che ne formano il mosaico di elementi dall'incastro talvolta difficile. Il fatto che si parli, per lo più, di personaggi di natura divina non cambia la sostanza della cosa: sia Mr. Wednesday (Ian McShane) che Czernobog (Peter Stormare) e le sorelle Zorya dimostrano un attaccamento viscerale alla tradizione e un rifiuto quasi atterrito - o, alla meglio, un adattamento svogliato - alle diavolerie dell'era moderna, che si tratti di un telefonino o di una pistola per uccidere istantaneamente le mucche.

Questi antichi dèi, queste vestigia personificate di civiltà ormai scomparse, intrise di una nostalgia a tratti straziante, a tratti risibile, suscitano la curiosità di uno Shadow (Ricky Whittle) sempre più confuso, specialmente dopo l'incontro bizzarro con la seconda divinità americana, Media (Gillian Anderson, splendida nella sua riproposizione di Lucille Ball). Proprio a lei si deve una delle battute più riuscite ed emblematiche di questo gravido episodio: "Tempo e attenzione, meglio del sangue d'agnello." La sagacia della scrittura consente qui a Media di riassumere, in una manciata di parole, il divario tra gli antichi strumenti di devozione e gli attuali catalizzatori della nostra attenzione: che si tratti di cinema, televisione o, in tempi ancor più vicini, dello schermo degli smartphone, sono questi gli altari sui quali l'uomo del nuovo millennio - e del nuovo continente - sacrifica il bene più prezioso e irrecuperabile: il tempo.

Vi è, in The Secret of Spoons, una cura del dettaglio, sia in termini letterari che meramente visivi, che lo innalza persino al di sopra del pilot, più frenetico e divertito: i riferimenti qui spaziano da Edward Hopper a William Turner, da Stanley Kubrick a Ingmar Bergman, in un tripudio di commistioni atte a creare un mix unico ma coerente con sé stesso fino alla fine, carico di sottotesti riusciti e acuti. Se a questo andiamo a sommare il ventaglio di interpretazioni magnetiche che il cast continua a offrire al suo pubblico - al sempre sublime McShane vanno ad affiancarsi, con altrettanta efficacia, Gillian Anderson, Cloris Leachman e Peter Stormare in stato di grazia - il quadro d'insieme di questo secondo episodio conferma i pregi del suo predecessore, arricchendosi di elementi nuovi e più profondi che conferiscono ad American Gods un valore sociale e politico che valica il mero intrattenimento.

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